Capitolo 9 - Francies
Il rientro fu lento e silenzioso. I nostri occhi si incrociavano di tanto in tanto trasmettendo l’un l’altro le tante parole non dette che risuonavano nell’auto chiare e forti come se stessimo urlando.
Robert aveva acceso il riscaldamento e l’aria tiepida tentava di riscaldare quel gelo che mi arrivava fino alle ossa facendomi tremare raggomitolata dentro al giubbotto che lui aveva appoggiato sulle spalle togliendoselo di dosso.
Aveva il suo profumo e senza farmi notare di tanto in tanto affondavo il viso per poterlo inspirare…com’era buono…
Il vento continuava a soffiare senza tregua, quando raggiungemmo la villa lo vidi azionare calmo il congegno di apertura dei cancelli e del garage.
Non avevo visto come fossimo arrivati la sera precedente e per me era tutta una novità. Ci ritrovammo in un ampio garage che avrebbe potuto contenere fino a sei auto, ma al suo interno non c’era nulla a parte due vecchie biciclette, coperte in modo approssimativo con un nylon trasparente.
Mi distrassi quel tanto che bastò perchè lui girasse attorno all’auto per aprirmi lo sportello…lo lasciai fare, incapace di trovare la forza di reagire.
Tutta l’ansia e il pianto mi avevano spossata ed ero esausta, come se un esercito fosse passato sopra di me calpestandomi. Allungai la gamba per scendere dall’auto e feci cadere la sacca che tenevo sulle ginocchia facendola rotolare ai suoi piedi. Feci per prenderla, ma lui si abbassò prima di me e la raccolse incrociando il mio viso a poca distanza. Si attardò per potermi guardare negli occhi e un altro fiume di emozioni mi attraversò fermandomi il respiro…quanto poco bastava che Robert facesse perchè il mio mondo si fermasse per rimanere a contemplarlo …ne ero consapevole, ma non potevo evitarlo…e nemmeno lo volevo.
Mi aiutò porgendomi la mano ed io l’afferrai aggrappandomi ad essa.
Rimasi lì …in piedi davanti a lui che continuava a guardarmi negli occhi senza parlare, con la sua mano nella mia e nell’altra la sacca imbrattata di sabbia.
Abbassai gli occhi colta da un brivido violento che mi scosse facendomi battere i denti, lui se ne accorse e con un sorriso gentile mi fece dono del suono della sua voce.
- Vieni dentro casa…hai bisogno di riscaldarti o finirai per prenderti qualche malanno…ti prego. - …mi teneva ancora la mano ed io docile lo seguii come un marinaio rapito dal canto delle sirene.
Percorsi quel tratto quasi trascinandomi senza avvertire le dita dei piedi o le ginocchia rese insensibili dal freddo e quando entrammo nella grande sala ebbi appena la forza di accorgermi che qualcuno aveva riordinato ogni cosa…la coperta era al suo posto…il camino scoppiettava…e volgendomi verso la cucina..vidi che tutto era in ordine e sopra al tavolo… al posto dei resti della colazione… c’era un piccolo bouquet di fiori gialli composti con grande gusto.
Non feci domande, ma sul viso era evidente la mia sorpresa.
- C’è una governante che si occupa della casa quando non ci sono…e’ molto discreta, tanto che alle volte penso sia un fantasma, non la vedo quasi mai, ma come per magia mette tutto a posto…magnifica non credi? - Annuii appena, non mi reggevo in piedi.
- Ora vieni con me. - Mi condusse lungo le scale aiutandomi a salire al piano superiore dove ancora non sapevo quali meraviglie vi fossero nascoste…e non appena mi fu visibile, me ne resi conto.
L’ampia camera da letto era qualcosa di incredibile.
Tutto il mobilio era bianco e gli accessori, come cuscini, soprammobili e punti luce, erano di un caldo color arancio che sposato al colore del legno che ricopriva l’arcata donavano all’ambiente un calore avvertibile all’occhio…una meraviglia!
-Qui troverai quello che ti serve per farti una doccia. - Mi disse aprendo l’anta scorrevole di un armadio a scomparsa che non avevo notato e che divideva la camera dal bagno. Feci due passi, ma le gambe mi cedettero e dovetti appoggiarmi alla sponda del letto per non cadere.
Accorse subito da me aiutandomi a sedere e mi guardò preoccupato per il pallore che stava diventando sempre più evidente.
- Non posso lasciarti da sola, non stai bene per niente, lascia che ti aiuti…hai bisogno di riscaldarti subito. - Si allontanò veloce verso il bagno dove lo sentii azionare la doccia e dopo pochi istanti tornò da me.
- Adesso togliti quei vestiti tutti sporchi di sabbia , devi scaldarti subito e speriamo che non ti venga la febbre. - Mi aiutò a sfilare di dosso tutto ciò che avevo, fino a rimanere solo con l’intimo. Si allontanò di due passi e con un movimento veloce si tolse la maglia rimanendo a petto nudo e piedi scalzi. Solo il jeans rimase al suo posto.
Sembrava tranquillo e senza alcun pensiero mi sfilò anche quello che mi era rimasto lasciandomi nuda a… guardare il mio Dio…
Mi guardò per un istante di troppo, quel che bastò per accorgermi che dietro quella maschera di tranquillità c’era qualcosa che ardeva e che lui faticava a tenere sopito, ma non disse nulla e senza chiederlo mi prese in braccio con facilità, accompagnandomi alla stanza adiacente.
Il bagno, se così lo si poteva chiamare, era anch’esso suddiviso in zone separate da piante ornamentali e alte statue africane di legno che mi sembravano stonare col resto dell’arredamento dal gusto sobrio ed elegante…feci una smorfia.
- Lo so sono orribili…ti prego non dire nulla. - Sorrideva senza accennare minimamente a mettermi giù.
- Ora ti porto all’inferno…è così che lo chiamo io…il bagno turco è odioso, ma nel tuo caso sarà un toccasana. - Lasciai che mi portasse fino alla parete di vetro …poi lasciò scivolare le mie gambe trattenendomi sollevata da terra con entrambe le braccia , per poter attraversare anch’egli la porta a vetri …non dissi nulla mentre la richiudeva alle sue spalle e tornava ad appoggiare il suo sguardo su di me.
Ebbe un attimo di turbamento e le sue labbra si schiusero appena…come se temesse di parlare, ma con uno dei suoi dolcissimi sorrisi riuscì a togliersi dall’imbarazzo e con disinvoltura mi aiutò a sedermi nella piccola panchina lungo la parete dal quale uscivano vapori balsamici che mi cominciavano a riscaldare le ossa. Si piegò sulle gambe davanti a me e mi sorrise.
- Allora? Ti senti un po’ meglio? - Allungai la mano per accarezzarlo…lui vi appoggiò la sua come faceva sempre e ne baciò il palmo prima di portarsela al viso…era bello ritrovare familiarità nei suoi gesti, mi sentii subito meglio.
- Si grazie…sei un tesoro. - Fece per accarezzarmi a sua volta, ma non appena le sue dita mi sfiorarono sentii graffiare la pelle lì dove la sabbia si era depositata.
- Ahi! - Mi ritrassi istintivamente, mentre lui si rialzava prendendo la spugna e cercando di azionare il getto della doccia.
- Ora fai la brava bambina e lascia che ti tolga di dosso quel pezzo di spiaggia che ti sei portata a casa ok?- Sorrisi alla battuta e mi alzai per permettergli di farlo.
Il getto d’acqua arrivò dai tre lati della parete nello stesso istante inzuppandolo completamente e lasciandoci boccheggianti quasi a soffocare …a tentoni sbatteva la mano sui pulsanti finchè l’incubo si fermò e ci trovammo gocciolanti e ansimanti uno di fronte all’altro con l’acqua che ci riempiva la bocca e i capelli arruffati e gocciolanti davanti agli occhi….sentimmo un sibilo e guardammo in alto per vedere cosa stesse accadendo e da piccoli fori posti sul soffitto uscì uno spruzzo nebulizzato aromatizzato al cedro che riempì la doccia di un gradevole profumo.
Ci guardammo e insieme scoppiammo a ridere come due bambini che l’hanno combinata grossa.
-Ahah…ora capisci perchè lo chiamo Inferno vero? Non sai mai cosa ti succede. - Ridevo lasciando che tutta la tensione volasse via col vapore, mentre lui lentamente si accostava a me ed io mi sentii imbarazzata. Si avvicinò fino a sfiorarmi il viso, senza toccarmi…trattenni il fiato.
- Mi è mancata la tua risata…- il profumo della sua bocca mi raggiunse e incapace di trattenermi gemetti…- Mi sei mancata tu- Delicato sfiorò le mie labbra appena…dandomi il capogiro e poi ancora più profondo, mentre la vertigine mi fece vacillare.
Mi sentii avvolgere dalle sue braccia forti che mi sostennero per impedirmi di cadere e il contatto dei nostri corpi fu esplosivo…doloroso.
Mi aggrappai a lui come stessi affogando e lo strinsi forte cercando ancora la sua bocca che mi accolse ridonandomi l’aria della quale avevo bisogno.
Mi persi nel vortice di emozioni che l’essere ancora tra le sue braccia mi regalava e sentii che anche Robert mi voleva…e il suo tormento era evidente nello sguardo infuocato che mi rivolse prima di fermarsi ansimante, trattenendomi davanti a sé.
- L’inferno è niente… a confronto di quello che fai tu a me . -
I capelli bagnati scendevano scomposti sul suo viso accaldato e le sue labbra aperte erano un invito così potente da non potervi resistere. I muscoli del suo petto guizzavano ad ogni movimento ed io vibrai contro di lui sopraffatta dal desiderio di averlo.
- Vuoi che me ne vada? - Dissi sorridendo appena.
- Provaci un’altra volta e non ne esci viva…e ora girati diavoletta che ti concio per le feste. -
Mi finsi scandalizzata e portai la mano davanti alla bocca.
- Sembri carta vetrata da quanta sabbia hai addosso…dai che ti devo levigare…chiudi gli occhi …è in arrivo l’inferno. – Alzò il braccio e con un colpetto ben assestato alla tastiera malvagia scatenò la tempesta e afferrandomi mentre cercavo di fuggire mi sfregò la spugna ovunque, facendomi impazzire dalle risate.
Non potevo credere di essere di nuovo al settimo cielo…era bastato poco più di un battito di ciglia per riaccendere la luce del mio orizzonte e per vedere di nuovo splendere quel Sole che aveva donato serenità alla mia grigia vita .
Mi guardavo attorno, ma tutto ciò che vedevo era lui…solo lui…sempre lui.
Non sarebbe bastata una vita per dimenticare la profonda gioia che provavo in quel momento. Se la felicità avesse avuto un volto, quel volto per me …sarebbe stato il suo.
Ebbe pietà di me e dopo un ultimo attacco ai miei capelli insaponati mi permise di fuggire dall’”inferno di cristallo”, prese una pila di asciugamani e mi ci seppellì sbellicandosi dalle risate.
Riemersi dal groviglio col broncio e a gambe incrociate, appollaiata sul cumulo di spugna, lo guardai gocciolare per la stanza sexy più che se fosse stato completamente nudo e rimasi ad osservarlo muoversi per raccogliere le sue cose, strofinarsi i capelli con l’asciugamano, portarseli indietro infilandovi le dita come gli avevo visto fare un milione di volte…accendersi una sigaretta e sedersi sul letto accorgendosi del mio sguardo fisso su di lui. Sorrise in modo travolgente ed io con un sospiro teatrale mi gettai all’indietro fingendo di svenire.
- Quando ti svegli, sappi che giù la cena è quasi pronta….ti aspetto. - Sentii i suoi passi allontanarsi e spuntando tra le soffici pieghe vidi che si era cambiato i pantaloni.
Accidenti….mi ero persa il meglio…
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