sabato 12 marzo 2011

capitolo 5

Capitolo 5 - Francies




Riemersi lentamente dal torpore che in cui ero sprofondata…confondendo nella mia mente realtà e sogno fino a destarmi completamente. Un dolore pulsante mi tormentava le tempie e mi resi conto che a cena dovevo aver bevuto troppo.
Non ricordavo nulla della serata precedente o perlomeno nulla dopo che eravamo saliti in macchina …quando Robert si era chiuso in un silenzio assordante…e la stanchezza aveva preso il sopravvento.
Sentii strani rumori in sottofondo…simili a fruscii e mi feci coraggio ad aprire gli occhi e ad affrontare lo sguardo duro di LUI che ero sicura non avesse ancora perdonato la mia uscita infelice.
Sollevai le palpebre lentamente sbattendole per proteggere gli occhi dalla luce proveniente dalle ampie vetrate….ma lui non c’era… Girai la testa verso la fonte dello strano rumore e mi accorsi delle fiamme vivaci che danzavano sul caminetto acceso.
 Rimasi sorpresa dell’ampio spazio che mi circondava, e mi misi seduta sul quel gigantesco divano che mi aveva fatto da letto e girando lo sguardo intorno rimasi a bocca aperta per la visione da sogno… La casa era da copertina.
 Un grande open space con le pareti altissime e gli spazi interni erano creati usando il mobilio in  modo sorprendente, delimitando zone distinte, ma comunque ben amalgamate. Alle pareti c’erano stampe di dimensioni enormi raffiguranti figure astratte, ma intonate perfettamente all’ambiente sofisticato e al tempo stesso accogliente.
Non mi sembrò essere il suo stile, ma forse quella non era casa sua.
 Cominciai a chiedermi lui dove fosse e nel momento esatto in cui il suo viso apparve nei miei pensieri, ricordai lo sconforto che gli era preso la sera prima  e pensai tra me che probabilmente non avrebbe avuto voglia  più nemmeno di parlarmi…
“ Quanto sono stata stupida a chiamarlo in quel modo” …per me chiamarlo Edward non significava nulla di brutto, ma invece ai suoi occhi era un affronto alla sua vera identità.
Mi sentivo male dentro per quello che era successo e se fosse stato possibile avrei cercato di rimediare.
 Mi alzai accorgendomi con piacere di aver ancora indosso i miei vestiti e scostando la coperta mi avvicinai alla grande portafinestra che dava sul mare….” che spettacolo “ .
Il vento soffiava fortissimo piegando le numerose palme che circondavano la lingua di spiaggia privata e le raffiche continue sollevavano alte le onde del mare che si infrangevano poi sulla battigia schiumeggianti, portando con se sabbia e conchiglie. L’impeto e la forza del mare mi affascinavano molto e rimasi per qualche minuto a fissare l’orizzonte…accarezzando di nuovo i miei sogni e tutto ciò che di quei sogni ero riuscita a realizzare.
Rob era stato meraviglioso con me fino alla sera prima, ma ormai l’incantesimo era spezzato…e forse era meglio tornare con i piedi per terra prima che il danno divenisse irreparabile.  Svegliarmi sola aveva fatto sembrare tutto meno reale! Illudermi che potesse essere diverso era solo un’utopia …ROB era un’utopia….
Abbassai lo sguardo afflitta, consapevole di aver preso un abbaglio, di avere soltanto voluto credere che fosse tutto vero. Sospirai profondamente, mi tirai su le maniche e voltandomi verso l’interno cercai di orientarmi per trovare un bagno e per incontrare Rob.
La cucina sostava dietro una parete mobile ricoperta di piante rampicanti  attraverso la quale intravedevo degli sgabelli bianchi posti di fronte ad un isola rialzata centrale…mi spostai per vedere meglio e mi accorsi che sopra il tavolo c’erano i resti di una colazione per due…“strano”.. pensai.”.Non credevo che in casa ci fosse qualcun altro“.
Fui incuriosita dalla cosa e mi avvicinai per trovare degli indizi che potessero darmi delle risposte.
Due grandi bicchieri contenevano i resti di una spremuta d’arancia e nei piatti briciole di dolcetti alla marmellata. Mi venne fame e allungai la mano per prendere un angolo di torta rimasto sul vassoio quasi vuoto, portando il boccone alla bocca … l’occhio però mi cadde sul bicchiere di fronte dove notai evidenti segni di rossetto.
”Possibile?…Una donna? ”….una immediata ed ingiustificata fitta di gelosia mi attraversò il petto e mi lasciò interdetta.
 Immaginavo che ci fosse qualcuno nella sua vita…non era possibile fosse diverso, ma vederlo con i miei occhi dopo tutto quello che era successo tra noi faceva maledettamente male…eccome se faceva male.
 Mi guardai intorno alla ricerca di nuovi particolari e fui attratta da due figure che chiacchieravano animosamente in giardino, un po’ lontano da dove mi trovavo e che sembravano conoscersi bene. Mi avvicinai alla finestra rimanendo un po’ nascosta dalle tende per osservare meglio e notai che Rob indossava un grosso giubbotto cerato e un berretto nero che gli ricadeva in maniera buffa all’indietro. L’altra persona era una donna bionda alta quanto lui anch’essa molto coperta per via del forte vento, ma con il capo scoperto e i lunghi capelli che le ricadevano continuamente sul volto impedendomi di valutarne la bellezza…ma senza dubbio bella lo era…e mentre me ne stavo lì a spiare come una ladra Rob la prese tra le braccia e la strinse forte ridendo tra i suoi capelli e baciandola più volte sulla guancia. Lei rideva e staccandosi da lui aveva alzato il dito come per raccomandarsi di qualcosa…..era troppo…non potevo stare un minuto di più lì a guardare tutte le mie speranze infrangersi e corsi nuovamente verso il divano guardandomi intorno per cercare la mia sacca. La vidi abbandonata in un angolo e senza pensarci troppo la raccolsi, affogai nel mio maglione ancora caldo e col nodo in gola mi precipitai verso quella che sembrò essere l’uscita… Ma dove potevo andare?….non sapevo nemmeno dove mi trovavo…non mi importava!…dovevo andare via di lì in fretta….prima che lui tornasse a cercarmi…magari per chiedermi di andarmene.
Raccolsi il telefono che giaceva sepolto da quasi due giorni nella tasca della sacca…era carico per metà…sarebbe bastato per un taxi.
Mi voltai solo un attimo per dare un ultimo sguardo e una lacrima mi sfuggì…mi asciugai con il dorso della mano che aveva ancora il suo profumo….e senza più voltarmi presi a correre verso il vialetto d’uscita…

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