Capitolo 3 – Francies
Inchiodato in modo spartano sulla corteccia di un albero c'era un cartello scritto a mano con pennello e vernice blu sul quale spiccava il disegno stilizzato di una palma e il nome del locale a grandi lettere “PALM BEACH GRILL”...mi incuriosì e scesi dall'auto per scoprire dove portasse il vialetto di sabbia. Rob nel frattempo aveva inforcato i suoi occhiali per mimetizzarsi ad occhi indiscreti, anche se sembrava che nei paraggi non vi fosse anima viva e mi seguiva silenzioso lasciando che indagassi senza suggerimenti.
Avanzai tra le ombre che si chiudevano come un tunnel tra gli alberi e scorsi poco lontano la luce di alcune candele a segnare il percorso. Non sentivo più nessun rumore alle mie spalle e voltandomi rimasi stupita di non vedere nessuno.
- Robert...- chiamai alzando la voce -… Ehi Rob dove sei? -....sembrava essersi volatilizzato. Mi parve strana la cosa, non sapevo che pensare.
Tornai indietro di qualche passo, ma il buio che nel frattempo si era infittito sembrò inghiottirmi e scelsi quindi di dirigermi nuovamente verso la fonte di luce. Percorsi quel tratto con un urgenza smisurata, mentre una nuova sensazione d'ansia fece accelerare il battito nel mio petto.
- Ma dov'è andato a finire, era qui...dietro di me, ma sono forse impazzita? O mi sono davvero sognata tutto? – La mia voce si perse nel buio.
Aumentai il passo fin quasi a correre e raggiunsi le piccole luci traballanti, ritrovando il controllo e sentendomi una sciocca. Forse avevo visto troppi film e mi ero lasciata suggestionare dalla situazione, ma se anche fosse stato tutto uno scherzo ... non mi stavo divertendo affatto.
Il locale somigliava più ad uno di quei boungalow che si vedono nei cartelloni pubblicitari delle isole del Pacifico. Tutto in legno, con un profondo porticato davanti e all'interno un arredo tutto a colori chiari, che intravedevo dalle finestre accese.
Cosa dovevo fare? Non c'era nessuno intorno e il silenzio era inquietante.
La stanza era molto raccolta...alcuni tavoli molto semplici, coperti con tovagliette colorate ed enormi piatti colmi di resti di pesce, erano occupati dai pochi ospiti presenti nel locale. Una coppietta di giovani di colore stava festeggiando qualche ricorrenza, incrociando i bicchieri in un brindisi ed erano talmente presi l'uno dall'altra che non fecero caso alla mia presenza. In un altro angolo c'era un vecchio lupo di mare, con tanto di berretto storto e pipa in bocca che col bicchiere davanti chiacchierava con una giovane cameriera appoggiata alla sedia, come se conversasse con una vecchia amica...e nell'ultimo tavolo due donne molto diverse tra loro si intrattenevano con un giovanotto niente male che si pavoneggiava come Brad Pitt con Thelma e Louise. Un altro paio di tavoli erano ancora immacolati e pronti per nuovi clienti. Di Robert non c'era traccia...
Vittima di una strana sensazione non mi accorsi che accanto a me, con un sorriso divertito, c’era un ragazzo dal fisico possente, con i capelli nerissimi portati a spazzola, che mi guardava in attesa di vedere la mia reazione. Indossava una camicia dai colori sgargianti e portava un piccolo orecchino che gli brillava all’orecchio.
Aveva gli occhi di un blu da paura.
- Ciao, io sono Jason Lane, non so se Robert ti abbia già parlato di me, ma qualunque cosa ti abbia detto io nego…nego tutto…quel farabutto ne racconta di balle e quindi preferisco mettere le mani avanti. - Mi tendeva la mano, mentre io colta di sorpresa ero invece rimasta con la bocca aperta… senza saper che fare.
Mi ripresi balbettando e sollevando la mia.
- Ciao, io sono Francies Cullen e non sono sicura di sapere bene cosa stia succedendo. Prima Robert era con me lì fuori e dopo pochi istanti è svanito…mi dici che fine ha fatto? - Lo fissai in attesa di risposta.
- Non ti preoccupare, Rob è tutto matto, ma se lo lasci fare….sa essere davvero speciale.- Non aveva risposto alla mia domanda, ma mi aveva accompagnata spingendomi dolcemente fino alla sedia di uno dei tavoli invitandomi a sedere… quando ad un tratto le luci si fecero soffuse e il dolce suono delle corde di una chitarra riempì la stanza riscaldando l’atmosfera. Guardai in direzione di quel suono, già sapendo quali mani stessero tessendo la bellissima melodia che mi stava accendendo l’anima, regalandomi una così forte emozione.
Seduto su di un alto sgabello, l’amore della mia vita …il mio Rob…mi guardava con infinita dolcezza e sorrideva appena, con aria di chi ha di che farsi perdonare.
Non potevo resistergli... era impossibile farlo e ricambiai quel sorriso non riuscendo più a contenere l’emozione.
Poi …la sua voce unica…accompagnata dalle corde.
- Questa canzone narra la storia di un uomo che si sente solo… e che incontra sulla sua strada una ragazza speciale…che gli regala momenti indimenticabili che lo cambieranno per sempre , ridonandogli il sorriso. E la voglio dedicare a Francies….la mia ragazza speciale. - Le note aumentarono il ritmo e la sua voce, così particolare e irresistibile, intonò una canzone dolcissima …che conoscevo bene.
Lasciai che quelle note riempissero il mio cuore poi mi alzai e lo raggiunsi, prendendo l’altro microfono lì accanto.
Accompagnai la sua voce con la mia, realizzando uno dei miei più grandi sogni …duettare.
Era fantastico sentire le nostre voci intrecciarsi con la semplicità di uno cenno, mentre ogni altra cosa intorno a noi sembrava svanire… in una realtà parallela e distante…solo noi due ... e l’intenso fiume di parole non dette che fluivano dai nostri sguardi.
Rimase sorpreso e non smetteva di sorridere e di fare le sue solite faccette buffe.
Tra una strofa e l’altra si allungò verso di me e mi baciò la guancia.
- Sei proprio matta lo sai?…La mia ragazza speciale…- e concluse la canzone tra gli applausi dei pochi presenti che avevano assistito entusiasti alla scena.
Ci guardammo negli occhi a lungo, incapaci di dare voce a quello che provavamo e non riuscendo a resistere oltre mi gettai tra le sue braccia e lo baciai davanti a tutti, dimenticando completamente chi in realtà egli fosse…non aveva importanza.
Lui mi accolse e mi strinse sollevandomi da terra ignorando gli sguardi altrui…libero e sereno.
Toccai di nuovo terra molto dopo essermi riseduta a tavola…ero felice e spensierata e ridevo con quell’uomo dolcissimo che divorava aragoste a grandi bocconi ungendosi tutta la faccia e ridendo delle mie battute. La musica di sottofondo accompagnava le nostre risate che si aggiunsero a quelle di Jason che si unì a noi raccontando aneddoti della loro vita a Londra….Le ore passavano….e la notte era ormai profonda quando salutammo Jason e ci avviammo alla macchina con la chitarra a tracolla sulla spalla, mano nella mano….verso una meta che ancora una volta… non conoscevo…
La notte era stranamente limpida e l’umidita’ che solitamente si avvertiva lungo la spiaggia era completamente assente, tranne un filo di nebbia che aleggiava a pelo d’acqua come una coperta di piume sulle onde del mare. Nel cielo poche nuvole che correvano veloci nascondendo la Luna a tratti, creando un gioco di luci e ombre che si riflettevano sul mare calmo e sulla sabbia.
- Senti Robert, prima che mi porti ovunque tu voglia andare….volevo dirti una cosa…non interrompermi per favore…o non credo troverei più il coraggio di farlo altrimenti.- Si avvicinò lentamente raccogliendo le mie mani sulle sue e sfiorandole poi con le labbra ed un mezzo sorriso…
- OK…starò zitto. - Aprì la mia mano portandosela al volto coprendola di soffici baci e costringendomi a deglutire per non tradire un gemito che mi nacque in gola.
- Non fare così o non riesco nemmeno a ragionare…figuriamoci a parlare. –
- Mmm Mmm. - Non si perse d’animo e continuò la sua dolce tortura salendo al polso con labbra insaziabili.
- Ti prego, Edward…- Si bloccò all’istante, guardandomi dritto in faccia.
- Come mi hai chiamato?- Il tono duro…seccato.
- Oh scusami tanto Robert…con questa luce sei così pallido e mi è uscito spontaneo…non te la prendere ti prego…non so perchè l’ho fatto…scusami. - Rigido davanti a me, aveva lasciato cadere la mia mano e mi fissava cupo in volto.
- Mi sembrava davvero che tu fossi diversa…che non pensassi a me come a quel maledetto vampiro che mi condiziona la vita…no…non ci posso credere…anche tu.-
Si voltò raccogliendo con gesti nervosi la chitarra che aveva lasciato cadere a terra poco prima, gettandola poi sul sedile posteriore dell’auto. Si tolse il giubbotto e gettò anche quello, senza degnarmi di uno sguardo.
Tutta la poesia che si era creata tra noi era scomparsa in un istante…volatilizzata e le parole di ringraziamento mi morirono in gola, lasciando al loro posto un groppo che mi stava soffocando.
- Fa freddo…dai …sali in macchina, non ti lascio qui non ti preoccupare. - Ero come paralizzata e la voce che uscì dalla mia bocca fu soltanto un sussurro inarticolato al quale non diede il minimo ascolto. Come un automa presi posto in auto rifugiandomi il più lontano possibile da lui..sentendomi una stupida per quello che avevo fatto.
Avevamo parlato tanto del suo desiderio di normalità ed io con due semplici parole lo avevo fatto sentire nuovamente “diverso” ferendolo e richiudendolo nella sua solitudine. Non potevo permettere che accadesse…dovevo fare qualcosa…ma non trovai la forza nemmeno di guardarlo, mentre correva veloce lungo la costa per una destinazione che soltanto lui conosceva.
Consapevole di aver rovinato tutto fui colta da un singhiozzo sordo che fece sciogliere le mie già deboli difese innondando i miei occhi di lacrime amare….che lente e costanti mi rigarono il viso svuotandomi di tutte le energie.
- Perchè piangi? - La sua voce era meno dura di prima…un po’ roca.
- Perchè sono una cretina…ecco perchè! - La voce mi tremava e la schiarii per ritrovarne il controllo.
- Non so che cosa mi sia preso prima…ho reagito d’istinto…ho esagerato..scusami. E’ che quando mi sento chiamare con quel nome perdo la ragione….mi fa uscire di testa. -Cercava di essere gentile, ma il tono di voce rivelava la sua collera.
- La colpa è solo mia…ti ho chiamato così per tanto tempo che per me Robert o Edward hanno la tua stessa identica faccia…sei tu… sempre tu e non il vampiro, ma tanto è inutile, non mi crederai mai. - Non disse nulla e accese una sigaretta stringendola tra le labbra e aspirandone una lunga tirata. Il fumo lo avvolse uscendo lento dalle sue labbra ed egli strinse gli occhi soffiandola via verso il finestrino appena aperto. Tra di noi c’era il silenzio…reso ancora più denso dal buio che ci avvolse quando la Luna scomparve dietro una coltre di nubi più grigie e i minuti passarono lenti….persi il senso del tempo…e piangendo…mi addormentai…….
Nessun commento:
Posta un commento