domenica 24 luglio 2011

capitolo 51

Capitolo 51 – Francies





Ogni dettaglio della serata era stato studiato con particolare cura sia dallo staff di Tiffany che dal personale assunto direttamente da Louis per l’evento. Luci, musica ed ogni particolare  dell’arredamento e del catering avevano ricevuto il benestare dell’uomo straordinario che stava al mio fianco, seduto perfettamente a suo agio sul sedile in pelle della sua lussuosa limousine bianca. Lo osservai compiaciuta, mentre ultimava al telefono i ritocchi del suo capolavoro…una serata che aveva sognato tanto quanto me…a coronare anni di sacrifici e di formidabile gioco di marketing.


Come un divo del cinema indossava un abito da sera cucito appositamente per l’occasione ed era impeccabile in quel colore” noir e canna di fucile” come usava chiamarlo lui.

 Le sue espressioni colorite facevano sempre da gradevoli colonne sonore alle  mie giornate, alle quali non mancava mai di dare il tocco fashion con eccentriche proposte su modelli che aveva in mente…o frasi ad effetto da proporre ai pubblicitari per accompagnare le nuove collezioni e sempre…senza mai dimenticarsene…mi dava il buongiorno al mattino con il suo allegro “Ciao tesoro”…non so cosa avrei fatto senza di lui nei lunghi anni di forzato esilio da tutti… era i miei occhi…la mia bocca…il mio perfetto alter ego…tutto ciò che avrei voluto essere io agli occhi di quel mondo che lì fuori tanto mi spaventava.

Si era accorto del mio sguardo indagatore e mi osservava con un’espressione interrogativa.

-           Qualcosa non va ? mi sembri turbata. – Aveva chiuso la telefonata e si era avvicinato prendendomi la mano…e Dio sa quanto ne avessi bisogno.

-           Niente! Ti guardavo soltanto…sei uno spettacolo lo sai vero?...in tutti i sensi.-

-           Il tuo circo vivente…lo so. Voglio che tu sia felice stasera, che ti diverta…e che sorrida. –

-           Un po’ esigente non credi? Sono spaventata a morte da tutta quella gente che nemmeno conosco. Ti prego stasera non lasciarmi mai, ho accettato di esserci, ma non credo di potercela fare senza averti a fianco. –

    Mi sorrise passandomi il braccio dietro le spalle e baciandomi la fronte.

-           Non ne avrai bisogno vedrai, ma fintanto che non ti sentirai pronta potrai affidarti a me. Lo sai che ti voglio bene vero? Quindi rilassati…andrà tutto bene. Poi questa sera sei favolosa…e non vedo l’ora di mostrarti a tutti…il mio gioiello sei tu, tesoro. –

Sapeva sempre come strapparmi un sorriso ed io per questo lo adoravo.

-           Mi sembra che ti manchi qualcosa però… - E mi misi ad osservarlo per bene, con aria di disapprovazione.

-           Non credo proprio…sai che sto attento ad ogni particolare e non…-

Le parole rimasero incastrate nei suoi pensieri, quando vide sul palmo della mia mano una piccola scatolina rossa, infiocchettata a dovere…protesa versa di lui.

-           Ma cosa…?-

-           Per una volta…stai zitto e lascia parlare me. –

Imbarazzato, come mai lo avevo visto in molti anni, fece la croce con le dita davanti alle labbra e sorrise in silenzio.

-            Ho molto di cui ringraziarti e non sarà facile ripagarti per tutto quello che hai fatto e che non ti stanchi mai di fare per me…e siccome a parole sai che sono un orso, ho pensato di farti dono di un qualcosa che ti potesse ricordare per sempre…il mio enorme grazie. –

Allungai la mano e lui afferrò quel piccolo astuccio di fine velluto senza stancarsi di sorridere.

Lo aprì rivelandone il contenuto e rimase senza parole….

-           Ti piace? –

-           Non capisco cosa sia! –

-           Mio Dio Louis…sei nel ramo da anni e non riconosci una spilla da uomo? Tu sei un uomo speciale e un qualsiasi gioiello su di te sparirebbe o sembrerebbe banale….quindi…ne ho fatto uno che ti rappresenti e che sia unico nel suo genere…e per rendermi felice…stasera lo indosserai.-

-           Ah ah…tu sei formidabile…e così mi vedi come un lucertolone? Un po’ primitivo non ti sembra?...Mio Dio è straordinaria. – L’aveva raccolta tra le dita e la stava osservando nei particolari.

-                     E’ una sorta di iguana stilizzato. Proprio perché è un animale che resiste al tempo e all’evolversi della Terra l’ho scelto per te. Per me rappresenti quel punto fermo che niente e nessuno potrà mai cambiare…immutabile…indistruttibile, innocuo…e bellissimo.  Lo sai che sei davvero bello vero? –

-                     Certamente…me lo dico tutti i giorni allo specchio e a furia di ripeterlo ci credo pure.-

 Cercava di aprire la sicura dell’ago senza riuscirvi.

-                      Rubini agli occhi e la posizione….sublime. Mi aiuti per favore? –

Appuntai il gioiello al bavero della giacca pensando che soltanto un uomo come lui avrebbe potuto indossare con disinvoltura un pezzo del genere. Stava d’incanto…ed era perfetto.

Gli sorrisi e lui mi baciò leggero sulle labbra.

-                     Grazie – Mi sussurrò grato. Nessuna malizia…solo un affetto sincero.

-                     Mi dici perchè ti sei messa soltanto quel semplice cuore al collo? Hai la possibilità di indossare modelli esclusivi forgiati da te personalmente….e indossi solo questo?.. Non ti capisco proprio..-

-           Significa molto per me …è speciale. – Mi oscurai in volto come se sentissi i passi di Robert che passeggiava nelle stanze dei miei pensieri…senza lasciarle mai.

-            Non voglio indagare…credo di aver capito. Penso comunque che tu non abbia bisogno di mettere nulla per essere bella…sei come una gemma preziosa e non mi stancherò mai di dirti che se non ti decidi a brillare da sola…dovrò continuare a lucidarti io come ho fatto per questa occasione.-

-           Devo ringraziarti per….-

-           AH!...ti prego basta…non hai fatto altro in questi due giorni, ora è tempo di splendere, quindi fammi felice… falli secchi. –

Scoppiai a ridere, mentre via via cresceva quella sottile ansia da prestazione che l’esibire me stessa mi procurava.

L’auto si fermò davanti a qualcosa che superava di gran lunga le mie aspettative.

La facciata del palazzo era stata interamente coperta da un’immagine enorme del marchio della Effects Jawels che avevo forgiato personalmente scarabocchiandolo su di un ritaglio di giornale quando ancora tutto doveva avere inizio e che messo nelle mani di un grafico aveva dato vita alla mia attuale azienda. Riflettori di ogni tipo erano puntati sul tappeto rosso, steso sull’intera zona antistante l’edificio come una carta regalo appena aperta…ad accogliere un gran numero di fotografi e giornalisti che stavano intervistando alcuni personaggi presenti all’evento. Sapevo che in quel momento la maggior parte degli invitati si trovava all’interno dei locali e che il mio arrivo era stato studiato per avere il massimo effetto. Cominciai a deglutire osservando gli sguardi di ognuno di loro che si volgevano dalla mia parte man mano che la notizia del nostro arrivo dilagava.

Tra tutto quel muro di flash che si scatenarono non appena la portiera della Limousine fu aperta…mi parve di intravedere gli occhi di Robert che mi fissavano. Era stato il bagliore di un attimo, ma l’immagine era sembrata così reale che ne rimasi folgorata e per qualche istante non seppi più chi ero. Il sangue era defluito alle estremità e quel senso di soffocamento dato dalla mancanza d’aria mi fece quasi esplodere. Vidi la mano di Louis tesa verso di me e mi aggrappai ad essa per scendere da quella giostra per ricchi ai quali non mi sentivo di appartenere. Fluttuai tra le varie personalità sorridendo appena, senza dire una parola, scartando con gli occhi tutto ciò che non era Robert. Le voci si mescolavano alla musica, attutite dal mare in tempesta…nel quale annegavano le mie emozioni. Un coctail di mediocrità che avrei dovuto sostenere con sorrisi di incoraggiamento, mentre le mie labbra tese si rifiutavano di collaborare.

Cercavo quel sorriso che nutriva il mio…incapace di dare vita ad una qualsiasi sillaba coerente.

Louis che mi faceva da cavaliere si avvicinò sorridendo per parlarmi.

-Ti prego Tesoro non lasciarmi…ho bisogno di te …ora! –

Lo guardai negli occhi implorandolo di aiutarmi ad uscire da quel momento di smarrimento e baciandomi sulla guancia mi strinse forte al suo fianco.

Nessun dubbio che noi due fossimo soltanto soci, ma ugualmente le immagini di quell’istante furono impresse sulle fotocamere di coloro i quali erano pronti a darle in pasto alla stampa che non aspettava altro che questo.

Mi imposi di non deluderlo e stringendomi a lui iniziai a riemergere dal torpore nel quale ero precipitata e iniziai a rispondere alle prime domande che i giornalisti mi posero.

“ Miss Cullen come si sente vedendo tutto questo?”

Non potevo confessare loro in quale frustrante confusione stessi vivendo quel momento e nemmeno che, risvegliato da quel fotogramma inatteso, il mio corpo stesse urlando il bisogno che sentiva di toccarlo e di farsi toccare…

Erano giorni che mi impegnavo a dimenticarlo…ma non era servito a niente. Tutto intorno a me sembrava ricordarmelo e mi consumavo affogando nel caffè e nelle mie paure …temendo e sperando allo stesso tempo…di non rivederlo mai più…

-                     Sono molto felice ed emozionata…tanto da non trovare le parole per descriverlo…-

    Mi nascondevo dietro a questa bugia…pur sapendo di mentire soprattutto a me stessa. Louis non pretendeva nulla più di quel che riuscivo a dargli e non mi lasciò un istante per tutto il tempo in cui i giornalisti si affollarono intorno a noi. Tenendomi stretta e parlando al posto mio fece in modo che nessuno si accorgesse del mio disagio.

Non appena ci fu un momento di pausa mi tirò in disparte.

-                     Come ti senti gioia? Sei splendida, ma non ti ho messa in ghingheri per farmi il muso. Divertiti, rilassati…è il tuo momento e lo stai buttando al vento per sciocchezze che dovresti aver superato da tempo. Ma cosa devo fare con te? Questa… - e fece un largo cenno col braccio mostrandomi lo spettacolo che avevo davanti- …questa è la tua vita, la tua occasione di fare qualcosa che ti rappresenti. Ti prego di non gettarla al vento…fallo per me…fallo per te! –

Abbassai gli occhi colpevole e in quel momento sentii riemergere dalle pieghe della memoria le parole che mio padre mi ripeteva sempre da bambina...

“Francies…alza la testa e sorridi…il mondo è tuo…sei una Cullen, per Dio!”

… e inevitabilmente mi ritrovai a sorridere.

-                     Che c’è adesso ?Ho detto qualcosa di divertente? –

-                     Sei il mio circo vivente ricordi? Se solo fossi etero ti avrei già sposato.-

-                     Allora mi è andata bene, non avrei retto a tanti sbalzi d’umore…chi ti capisce è bravo. Ora andiamo a salutare gli ospiti della serata. Qualcuno l’ho invitato io, ma tutti gli altri sono una sorpresa di Tiffany…quindi vediamo di sorprenderci dai... –

 Mi porse il braccio con un mezzo inchino ed io grata lo avvolsi con orgoglio.

L’ambiente principale era gremito di gente elegantissima e tra loro vi erano personalità più o meno note del mondo dello spettacolo.

Era stato arredato in modo che prevalesse il colore bianco e i marmi in terra specchiavano le molte luci predisposte per illuminare i gioielli, sapientemente esposti in vetrine circolari dalle forme più strane. L’effetto dava quasi l’impressione che fossero enormi bolle di sapone che galleggiavano nell’aria sospese nel nulla…qualcosa di magico. Ero incantata ad osservare quel pavimento fatato quando tra quelle brillanti fantasie riconobbi quel mare limpido e profondo che solo dentro ai suoi occhi avrei potuto ritrovare…e il mio cuore si fermò…anch’esso senza parole.

Vidi quel riflesso avvicinarsi alle mie spalle e la sua voce cristallina abbracciò la mia anima sola…trascinandola via con sé…al primo sospiro.



-                     Ciao angelo mio. – un sussurro per me soltanto.

Rimasi immobile….avvertendo il calore del suo corpo dietro al mio e come una stilettata in pieno petto fui colta dal dolore che l’essenza del suo profumo mi provocò avvolgendomi…era perfetto…era il suo.

Chiusi gli occhi per difendermi dall’ondata di emozioni che provai e abbassai la testa lasciando che i capelli scivolassero intorno al viso..proteggendomi da occhi indiscreti.

 Louis era sparito…e sola al centro di quell’universo estraneo mi sentivo persa.

Il movimento liberò l’incanto del tintinnio del cuore gioiello…e leggera come una carezza quella musica accompagnò il suo gesto.

Lente le sue dita scivolarono sulla mia mano e sollevandola delicatamente mi invitò a voltarmi dalla sua parte. Come un aquilone che segue il vento il mio corpo obbedì all’invito…e alzando gli occhi sul suo viso… credetti di morire.

Andava oltre tutto ciò io ricordassi.

Le sue labbra sfiorarono la pelle della mia mano prigioniera nella sua…e seguendo quel gesto ebbi l’impressione di svanire e annegare in quel calore familiare e appagante che mi accarezzava lieve.

 Nulla era stato tanto difficile quanto lo stargli lontana per quel breve tempo, ma rivederlo all’improvviso….come un pensiero che prende forma dalla nube della mente era qualcosa che andava oltre …

-                     Ciao Robert…- riuscii a malapena a sentire me stessa …e poi più nulla.

Come infiniti granelli di sabbia che scivolano inevitabilmente sul vetro di una clessidra…così le mie difese mi abbandonavano senza che riuscissi a trattenerle…e leggevo in lui la mia stessa pena.

Cercai di scuotermi da quella situazione cercando Louis tra la folla…senza in realtà vedere nulla intorno a me, come se all’improvviso fossimo soli…sopra una zattera alla deriva in mezzo al mare.

-                     Lui chi è? – Non riuscivo a decifrare il tono col quale mi rivolse la domanda, ma non appena sentii quella frase mi tornarono vive davanti agli occhi le foto del suo incontro galante.

-                     Che cosa ti importa? – Accesa dalla rabbia del ricordo risposi in malo modo e istintivamente mi allontanai di un passo…per difesa.

-                     Sembrate molto intimi, c’è qualcosa che non so? – Fermo…rigido, aspettava che parlassi.

-                     Può darsi. Dopo tutto cosa so io di te? – Aggiravo le risposte sentendo la nausea salirmi in gola per quella situazione illogica che non avevo per nulla previsto e che mi stava innervosendo.

-                     Non c’è nulla che tu non  sappia di me…- tratteneva i gesti…a causa della folla che ci stava osservando curiosa e intravidi un sorriso accennato su quelle labbra perfette.

-                     Lo credi davvero? Non ne sono così sicura! – La mia voce si ruppe, ma mi ripresi in fretta e alzai la testa gettando indietro i capelli.

Lo fissai sfidandolo a rispondere e decisa ad andare fino in fondo…dovevo sapere.

-                     Non capisco a cosa ti stia riferendo. Sai di me più di qualsiasi altro Francies e…-

-                     E cosa? Per quel che so io avresti dovuto chiamarmi qualche giorno fa…e invece mi hai lasciata nel silenzio più nero ad immaginare le cose più assurde. Sono impazzita ad aspettare che quel telefono squillasse…ma evidentemente….avevi altro da fare a Londra, oltre che vedere tuo padre. –

Lo vidi sollevare le sue grosse sopracciglia sorpreso dalla mia reazione, per poi abbassarle e scuotere la testa incredulo.

-                     Posso spiegarti tutto…se hai voglia di ascoltarmi, ma forse …non ti interessa. –

-                     Esatto non mi interessa, ho già visto abbastanza sulle copertine dei giornali, quindi ti risparmio la fatica. – Feci per allontanarmi in cerca di ossigeno che all’improvviso sembrava aver abbandonato la grande sala.

Fatti tre passi lui mi seguì sfiorando la mia schiena nuda con la punta delle dita…ebbi un fremito…lui se ne accorse.

-                     Ti prego aspetta. – Parlava sottovoce per non  attirare l’attenzione , ma era inevitabile che gli occhi fossero tutti puntati su di noi. La musica copriva in parte le nostre parole e il gran movimento celava la scena alla maggior parte dei presenti.

-                     Non è stato facile vederti tra le braccia di quella donna…ma ce la posso fare se mi lasci in pace. –

-                     Non so di che parli, ma non lo è nemmeno per me vederti stretta a quell’uomo che ti si è stampato addosso tutta la sera…ti prego…dimmi che non è come sembra…non lo potrei sopportare. –

Mi voltai di scatto per fronteggiarlo e dirgli la mia….

-                     Non ti devo dare nessuna spiegazione, non fintanto che tu non la darai a me. –

-                     Ok! Cosa vuoi sapere? –

-                     Perché non hai più telefonato?-

-                     Ho dimenticato il cellulare sul sedile del taxi per l’aeroporto e non avevo altro modo per chiamarti. –

-                     E ti aspetti che ti creda? Tu…Robert Pattinson non avevi modo di trovare il mio numero?-

-                     No, sei blindata peggio del Presidente e nessuno ha voluto dirmi come rintracciarti. –

I toni si erano accesi ed era evidente fosse in atto una discussione. Non me ne accorsi fintanto che Louis non giunse alle mie spalle per mettere fine alla scenetta inbarazzante.

-                     Che succede? Hai bisogno di aiuto? Buonasera Signor Pattinson, felice di conoscerla. –

Tese la mano verso Robert che esitante tratteneva la sua, poi sembrò arrendersi e la sollevò ricambiando il saluto.

L’eleganza e la sobrietà delle sue origini inglesi avevano avuto la meglio e il sorriso di Louis era irresistibile per qualsiasi essere vivente.

-                     Piacere mio Signor…? –

Louis si girò teatralmente dalla mia parte fingendosi offeso.

-                     Mio Dio Francies non gli hai parlato di me? E’ terribile questa cosa!-

Si rivolse nuovamente a lui iniziando la sua performance…ma questa volta nessuno di noi si stava divertendo.

-                     Sono Louis Martines e senza di me questa donna sarebbe perduta. –

Sapeva esattamente chi aveva davanti e rimasi a guardarlo mentre cercava di mettere a disagio Robert…anche se ancora non capivo dove volesse arrivare. Gli avevo raccontato ogni cosa di noi e la sua entrata ad effetto ancora non mi era chiara…non volevo si intromettesse, ma non mi permisi di interromperlo….lui sapeva sempre ciò che faceva…

-                     Vado a prendermi da bere… - Mi allontanai in cerca di spazio…le pareti sembravano restringersi. La voce di Louis continuò…impedendo a Robert di seguirmi.

Tutte quelle luci che brillavano intorno mi abbagliarono trafiggendomi la vista e quella musica…mi sembrò troppo forte e tutta quella gente….sembrava girare intorno a me ridendo e soffocandomi…mi allontanai cercando di isolarmi…per poter respirare di nuovo, varcando l’uscita fino alla zona delle auto in attesa.

La limousine spiccava come una dea tra le vestali... la raggiunsi senza mai voltarmi e… esitando per un istante,  tirai la maniglia infilandomi dentro…



giovedì 7 luglio 2011

Capitolo 50

Capitolo 50 – Robert



Soffocato dal desiderio di rivederla, tanto intenso da sentirmi quasi mancare, correvo senza fiato verso quell’enorme uccello di metallo che, come un Gargoyle ingabbiato nella più splendente delle armature, sembrava accovacciato sulla pista in attesa che balzassi sopra di lui per spiccare il suo volo verso il cielo plumbeo… per riportarmi da lei.
Sulla spalla stringevo il mio borsone nero da viaggio, unico leggero bagaglio in mio possesso, che mi avrebbe permesso di uscire immediatamente dall’aeroporto una volta atterrato a New York e nella mano, ripiegata con cura,  quella lettera di lei che gelosamente avevo conservato nel mio cuore come il più prezioso dei tesori, ossigeno necessario a superare il trascorrere del tempo che, in quei brevi giorni di sua assenza, sembrava cristallizzarsi attorno alle mie labbra….impedendomi di parlare coerentemente.
    Fino alla sera precedente ero riuscito a confondere me stesso, imponendomi di credere che lei fosse tranquillamente in attesa di un mio cenno, senza porsi inutili domande sul motivo del mio silenzio…ma una volta avuto il suo numero di telefono tra le mani, finalmente estratto da quella maledetta scatola infernale del mio cellulare morto sul sedile del taxi…avevo composto le poche cifre con le dita tremanti e la mente in fermento, pronto finalmente a sentire le note della sua voce che la mia mente aspettava di ingoiare come un tossicodipendente in crisi d’astinenza.
   All’ultimo numero rimasi esitante…e prima di premerlo imboccai la mia ultima sorsata d’aria, trattenendo poi il fiato in attesa del verdetto.
    Pochi istanti che apparvero interminabili…distintamente scanditi da suoni intermittenti e lontani e poi la voce metallica e impersonale di un messaggio registrato che mi diceva, senza concedermi alcun diritto di replica, che il suo apparecchio era spento…o irraggiungibile…

Perché?

Pensai di aver confuso le cifre e riformulai con più attenzione quella breve serie di numeri che improvvisamente sembravano confondersi davanti ai miei occhi, mescolandosi uno all’altro irrimediabilmente.
    Imprecai più volte e alla fine riuscii nell’intento…rimanendo nuovamente in attesa.
    Ancora quella voce neutrale….inesorabile…definitiva.
    Lo sconforto e il senso di rifiuto mi si spalmarono addosso impedendomi quasi i movimenti e solo una doccia caldissima e una notte insonne a dire a me stesso quanto fossi soltanto un visionario, mi avevano convinto che non poteva essere reale il suo rifiuto…non dopo quello che era nato tra noi in quei brevi ed intensi giorni insieme.
   Avevo salutato la mia famiglia con l’urgenza di raggiungere al più presto quel volo, temendo in cuor mio di perdere quella provvidenziale opportunità di rivederla o di arrivare con irrimediabile ritardo al mio appuntamento col destino.
   Le ore del volo mi erano servite a mettere un po’ di ordine nei miei pensieri e a trovare le parole giuste da dirle nel momento in cui mi sarei trovato di fronte alla sua persona. Il cielo al di fuori dell’oblò lentamente sembrava svanire, pennellarsi di colori accesi e poi di lutto, mentre trafiggendo il tappeto d’acqua sotto di noi, il vento increspava l’oceano sconquassandolo quanto lo era lo stomaco dentro di me. Non avevo immaginato quanto mi costasse starle lontano…non potermi nutrire della sua voce…del suo respiro…della stessa aria che il movimento del suo corpo faceva volteggiare intorno a lei. Non avevo mai pensato a quello spazio trasparente come a qualcosa da invidiare…solo perché la poteva contenere in sè molto più del mio abbraccio e arrivare dentro di lei attraverso quelle labbra che mi rubavano il respiro. Volevo pensare a cose semplici da dirle, ma  la mia mente spaziava altrove, sbattendo i miei pensieri come palle da biliardo colpite da una stecca appena gessata.
   Allungai le gambe sulla poltrona della prima classe del volo che mi avrebbe riportato in America, incrociando le braccia dietro la nuca sentendo quanto fossero indolenziti i muscoli del mio corpo, nello sforzo di mantenersi calmi.
   Faticavo a pensare ad altro che non fosse lei…ormai entrata ad alimentare le mie ossa, come il Sole penetra nelle foglie verdi delle piante a regalare la vita.
   Era diventata la mia acqua…il mio Sole, la mia terra umida sulla quale radicare e la lontananza stava inaridendo quel germoglio di benessere, donato al suo arrivo.
 Le persone attorno a me mi guardavano talvolta curiose …altre completamente ignare di chi io fossi…ed ogni volta che ripensavo alla sensazione angosciante che avevo provato ad ognuno di quegli sguardi, prima di incontrare lei, mi accorgevo di quanto tutto avesse cambiato forma e fosse inevitabilmente mutato .
Imparare a guardare attraverso i suoi occhi era stata la cosa più naturale del mondo e pur cercando di ricordare l’esatto istante nel quale mi ero accorto che succedesse…proprio non vi riuscivo. Era stato un cambiamento silenzioso…discreto…indolore e senza rendermene conto le rughe che mi segnavano la fronte erano state sostituite da quelle che i sorrisi strappati da lei producevano intorno ai miei occhi…come una sottile rete, che sosteneva la mia gioia rendendola più evidente anche all’immagine che vedevo riflessa nello specchio.


   Pochi fuggevoli istanti…racchiusi nel tempo che impiegavano il Sole e la Luna a rincorrersi e riacciuffarsi…avevano per sempre cambiato la mia vita e niente, a parte lei…mi permetteva di poter godere di quel continuo divenire….che nemmeno volendo avrei potuto fermare .
   Dispiegai quel foglio di carta ormai quasi sgualcito, assaporando ancora una volta quel profumo di lei che sgattaiolava tra le pieghe per riposare su di me e farmi soffrire. Come un gatto si stendeva sul mio viso…e riscaldandomi gli occhi leggeva e respirava insieme a me…le sue parole.
   Le lessi ancora …e ancora…come se potessero improvvisamente staccarsi dal foglio e trasformarsi in lei…..

Ho sorvolato paesaggi che non credevo esistessero ed ho respirato profumi che non potrò mai dimenticare, perché  la tua essenza è come un balsamo per la mia anima…perduta e sola…ora che sei lontano.

Ero io quello perduto e solo…brancolante nel buio della sua assenza spietata…incapace di reggere ancora una sola volta il ricordo di quel dolcissimo sorriso che lei aveva creato appositamente per me…


Hai risvegliato emozioni che credevo perdute e le hai rese reali…intense…uniche, mi hai fatta volare in alto, oltre le mie paure…e adesso…con te vicino…non ho più timore di nulla.

    La paura di aver tagliato di netto le sue speranze, alimentando nuovi timori che graffiassero la sua pelle di miele sciolta in quel sorriso indimenticabile, mi faceva sentire una bestia, ed anche se non avevo volutamente permesso che accadesse, mi sentivo terribilmente responsabile e mi punivo istante dopo istante…ricordando quanto fosse apparsa falsa la mia promessa ….quando mi ero allontanato da lei.


         Abbi cura di te …e del mio cuore… che affido alle tue grandi mani.


    Mi sembrava quasi di sentirlo pulsare tra le dita ogni volta che leggevo quella frase…e di averlo pugnalato col mio silenzio…ed ora morente aspettasse di esalare l’ultimo respiro. Temevo si fermasse….e non riuscivo a smettere di accarezzarlo con la mente…con la reale paura che se fosse accaduto…anche il mio lo avrebbe seguito…fedelmente.

                         Ti amo tanto                  


                                      Il tuo Angelo         Francies

   Il mio angelo…ali d’amore intenso… che mi avevano avvolto dolcemente, regalandomi il Paradiso.

           “Francies…ti prego aspettami.”


Mi addormentai col sapore di quelle parole sulle labbra…e sconfinai nella nebbia dei ricordi, dove l’essenza delle cose viene travolta da luci ed ombre…diventandone un tutt’uno…

Lei … in piedi davanti al grande camino …le linee della sua morbida figura leccate dalle calde lingue del fuoco acceso e scoppiettante che accentuavano i colori bronzei della sua pelle ambrata, facendola apparire come un essere ultraterreno… tra l’angelico e il demoniaco…che mi attraeva inesorabilmente in quella trappola per le labbra…che era per me la sua bocca.



Il gesto inutile di imprigionare un sottile ciuffo di capelli dietro l’orecchio…che inesorabilmente scivolava nel medesimo posto dal quale lo voleva liberare…. Il manto di seta dei suoi capelli…che scendeva lucente, assimilandosi alle  curve generose di quel tempio che mi aveva riportato alla luce. Amavo la sua carne morbida…amavo l’infinita dolcezza nella sua voce e l’armonico linguaggio del suo corpo che incantato quanto me da quel flusso di seta...seguiva le sue parole…come un cobra il suono del flauto del suo padrone.
    Il primo contatto delle nostre pelli accaldate dalle risate…la morbida rotondità della sua spalla nuda…quando il lembo di quel sottile abito era scivolato esaudendo la mia preghiera…e donandomi la gioia di un suo sospiro sorpreso.
A nulla era valso il mio sforzo di rimanerle lontano per non turbarla…il suo richiamo era troppo forte per potervi mettere freno…e sciogliendo i nodi immaginari che mi legavano al suolo ero fluttuato verso di lei….perdendomi tra le pieghe della sua pelle di velluto…allontanandomi dal mondo reale per sprofondare negli abissi della sua anima limpida e dissetante.
   Scivolare nel calore del suo corpo acceso…lento e profondo da non volervi fare più ritorno…mi aveva finalmente riportato a casa. Ritrovata la parte di me che mi completava, non sarei stato più in grado di sentirmi intero…nulla avrebbe potuto sostituirsi a lei….e nella nebbia densa che precede il risveglio provai un fremito di piacere che mi fece gemere…e ridestarmi di soprassalto….sudato e impudicamente appagato.

La luce al di fuori di quella prigione di metallo era cambiata, ma la pressante esigenza di lei era invariata… ed implacabile si era impadronita ora anche del mio corpo….che si accendeva ogni volta che le immagini di quel sogno ….tanto limpido da sembrare reale….sfioravano le intime necessità di un  uomo …innamorato follemente della sua donna.
   Mi ricomposi quando la voce del capitano annunciò l’approssimarsi della discesa verso la meta….New York…la città del mio angelo.
    Fremetti quando le ruote del carrello sfiorarono il nero asfalto della pista d’atterraggio e la frenata brusca che mi catapultò in avanti mi diede l’impulso a balzare fuori dalla cintura stretta intorno a me e ad alzarmi in piedi prima di averne realmente il permesso.
   Non diedi ascolto alle lamentele delle hostess e fui il primo a scendere a terra sulla ripida scaletta , dove un auto accesa mi stava già aspettando per condurmi in un’area privata per sbrigare le incombenze del controllo dei documenti. Fu veloce e indolore e in meno di un’ora ero al mio albergo…solo….come sempre…in attesa di istruzioni.

-Stephanie dove sei? –

Nemmeno il tempo di oltrepassare quella soglia che agguantai il telefono cercando di scoprire cosa sarebbe accaduto quel giorno….dovevo sapere…per prendere quel che rimaneva del mio tempo …e cercare LEI.

- Sto arrivando…calmati. Com’è andato il viaggio? Sei riuscito a dormire?-

- Si certo, come un bambino…ma dimmi un po’ il programma di oggi per favore. Ancora non so cosa mi aspetta e non ho nemmeno niente da mettere addosso. I miei bagagli?- Ero agitato in modo inconsueto e la mia manager se ne accorse ancor prima di me.

- Le tue cose sono in arrivo…al più tardi le troverai in albergo all’ora di pranzo. Che hai oggi? Sembri euforico. –

Catalogavo lentamente le possibilità di fuggire prima del suo arrivo…ma mi costrinsi ad essere ragionevole…anche se le mie gambe sembravano avere vita propria, divorando il pavimento con lunghe falcate nervose.

-                     Niente di particolare…sto bene. –

Le nascosi la ragione di tanta insolita parlantina…e rimandai il dialogo al momento del nostro incontro.

-                     Pochi minuti e sono da te. –

Il click dentro al buio del telefono mi isolò nuovamente.
Dovevo parlare con Francies, cercare di spiegarle quello che era accaduto in quei giorni…senza che pensasse fossero soltanto futili scuse protese a nascondere dell’altro.
   Ripresi il telefono in mano e ricomposi quel numero preziosamente salvato col nome di lei…limpido come l’acqua di un ruscello di montagna, sgorgava dalla mia bocca quasi scivolandovi sensualmente…

Francies Cullen…

Immediata la mia mente si mise mescolare le lettere di quel nome con altre che scendevano spontanee nella pellicola dei miei pensieri…incastrandosi alle sue come un gioco…dove i tasselli potevano comporre mille parole differenti…Le vidi sciogliersi e volteggiare per poi ricomporsi in un quadro che io stesso stentavo a ricordare di aver mai pensato….

Francies Pattinson Cullen.

Ero sconcertato da quell’immagine vivida che sembrava lampeggiare nella mia testa come una scritta al neon…non accorgendomi che il telefono all’altro capo suonava libero…in attesa di una mano gentile che premesse il tasto di accettazione di chiamata.
    Pochi secondi, sembrarono eterni...come formiche una avanti all’altra disegnavano  il sentiero della mia disperazione…quando la segreteria telefonica spense le mie speranze recitando le solite fredde parole, impedendomi di lasciarvi un qualsiasi stupido messaggio vocale. Non volevo mi sentisse in quel modo dopo così tanto silenzio…non avrebbe capito…e le avrei dato ragione.
    Non sapevo come fare a mettermi in contatto con lei…ma dovevo escogitare qualcosa. Probabilmente non era sua abitudine rispondere a numeri che non conosceva sull’apparecchio personale che portava sempre con sé…era da Francies…ed anche da me.
   Stavo elaborando le ipotesi più svariate quando bussarono alla porta della mia stanza e mi avvicinai velocemente per aprirla al rumoroso ospite dall’altra parte.

-                     Ciao Robert…sei ancora vivo vedo, me ne compiaccio. E’ un onore poterti parlare di persona…quasi non ci credo. –

-                     Stephanie…non essere spiacevole, ho già avuto una settimana pesante e non ho proprio voglia di discutere. –

    Mi avvicinai e le sfiorai la guancia in modo frettoloso. Lo avevo sempre fatto e mi venne spontaneo sporgermi verso di lei, appoggiata alla spalliera del morbido divano bianco che troneggiava al centro della stanza riccamente arredata.

-                     Si lo so…Malibù…il tuo segreto…e poi tuo padre. Approposito come sta? Mi auguro che non ci siano state complicazioni. –

L’interesse di Stephanie era puramente professionale e scansionare le profondità del mio stato d’animo le serviva per  procedere ad organizzarmi la vita nel giusto modo.

-                     Per fortuna non era niente di grave…anche se mia sorella non ha esitato a darlo per moribondo solo perchè aveva la testa fasciata. Sarebbe stata perfetta per le parti melodrammatiche…le vengono naturali. Dovresti farle un provino. –

   Sorrise, sfilandosi lentamente i guanti di pelle nera un dito dopo l’altro, lasciando che si afflosciassero improvvisamente svuotati.

-                     Un membro della tua famiglia mi basta e avanza, non credo riuscirei a sopportare la versione femminile di te…non ora almeno. –

Sollevai le sopracciglia fingendomi meravigliato…anche se sapevo benissimo come la pensasse del mio modo di essere….speciale. L’unica ragione che la costringeva ancora ad occuparsi di me era la fama che mi precedeva ad ogni apparizione pubblica…premiere o altro che fosse…quando le folle di genere femminile si assiepavano ai bordi delle strade per potermi vedere anche solo un istante. Ancora rimanevo stupefatto di tanto clamore e in cuor  mio sapevo che il tempo non sarebbe servito a nulla per farmici abituare.

-                     Allora occupati di me…e dimmi cosa ci faccio nella Grande Mela. Sono volato qui quasi senza sapere cosa mi aspettasse…allora? –

Accavallò platealmente le gambe, sedendosi comodamente al centro del grande divano di piuma e appoggiando borsa e guanti al suo fianco, pose entrambe le mani sopra al ginocchio.

-                     Ci sono due manifestazioni alle quali vorrei tu partecipassi, ma una soltanto è stata pubblicizzata dalle reti televisive e quindi decisa e si tratta del “David Letterman Show”…ti ricordo che oltre a parlare di te dovrai mettere al corrente il pubblico dell’inizio delle riprese di Water for Elephant…alla fine di Gennaio. –

-                     Ho avuto modo in passato di partecipare al suo show…sarà piacevole…è molto divertente. Quando? –

-                     Nel pomeriggio alle 18.00. Sarà una cosa breve e te la caverai in fretta. Hai ancora quasi sei ore per riposarti, poi dovrai prepararti ed essere lì almeno 10 minuti prima dell’intervista. –

-                     Ok non c’è problema…ci sarò. –

-                     L’altra cosa non credo ti piacerà…conoscendoti…ma ritengo sia un’opportunità di pubblicità diversa dal solito e che dovresti quindi prenderla in considerazione. –

-                     Dimmi di che si tratta allora?-

Fece una plateale pausa, lisciando con le mani pieghe immaginarie… su quell’abito azzurro polvere che le fasciava il corpo come una seconda pelle.

I capelli biondi sembravano disegnati da un fumettista…e più di qualche volta aveva immaginato di sentirle pronunciare la battuta di Jessica Rabbit…”non è colpa mia se mi disegnano così! “…ma come sempre …anche questa volta non avvenne.

-                     Sembra che una giovane stilista  emergente abbia coronato il suo sogno di presentare la sua collezione di gioielli in un negozio aperto appositamente per lei da Tiffany. E’ la prima volta che accade… da sempre… e la notizia naturalmente ha fatto il giro del mondo…come uno scoop….-

Come se improvvisamente l’aria avesse acquistato sapore cominciai a nutrirmene e a farne parte. Questa donna non poteva che essere lei…che aveva risollevato le sorti in crisi della grande azienda…la quale per ringraziarla riteneva senza dubbio doveroso farle dono della visibilità del suo marchio.

-                     Conosci il nome di questa donna?-

 Non mi resi conto di aver alzato la voce e Stephanie alzò lo sguardo sorpresa e lievemente divertita.

Non mi importava nulla di cosa stesse pensando in quel momento…l’unica cosa che volevo sapere era…quel nome.

-                     Sembra che nessuno l’abbia mai incontrata e che di solito preferisca rimanere nell’ombra…forse per nascondere qualche segreto…comunque sta di fatto che in questa occasione farà il suo debutto e la curiosità generale è grande. Tutti i riflettori dei media saranno puntati su questo evento e ciò significa che darà luce anche alla tua presenza. –

Rimasi sconcertato dalla fortuna che mi stava regalando il destino e senza volere mi misi in ginocchio di fronte a lei come un fedele davanti all’altare.

-                     Quando?….dimmi quando avverrà questo evento?-

Cercai di mascherare l’incontenibile gioia della notizia, ma le mie labbra non collaboravano aprendosi da sole in un sorriso ebete e i miei occhi sfavillavano come se avessi uno spot di luce abbagliante puntato direttamente in viso.

-                     Mi sorprendi Robert…pensavo odiassi metterti in vetrina. –

-                     Rispondi alla mia domanda…è molto semplice. Quando? –

-                     Alle 20.00 ci sarà un coctail di benvenuto…e il resto della serata rimane ancora una sorpresa per tutti. –

-                     Certamente lo sarà…-

 Queste ultime parole mi erano scivolate di bocca involontariamente, inondando i miei pensieri di dolci promesse.

Avrei potuto rivederla…e chiarire ogni cosa.

Chiusi gli occhi sopraffatto dall’emozione e senza rispondere a nessuna delle domande con le quali Stephanie mi tempestò…mi rimisi in piedi…pronto a giocare le mie carte…e tutto il mio futuro con Francies.

Era il nostro momento….e lo avrei reso indimenticabile.