Capitolo 49 – Francies

Sentivo ancora il calore delle sue braccia strette attorno a me quando, incapace di allontanarsi era tornato sui suoi passi e mi aveva abbracciata forte…quasi mi avesse dovuto lasciare per sempre…e forse … era proprio così.
Le commesse delle boutique di Saks sulla Fifth Avenue mi guardavano confuse…come se non comprendessi le parole con le quali si rivolgevano a me…ero distratta e la verità era che mi sentivo lontana da tutto ciò che mi circondava, incapace di comprendere quel silenzio prolungato che via via che il tempo passava diventava sempre più opprimente e doloroso.
La mia mente era altrove …all’altro capo del mondo…a cercare di comprendere cosa fosse accaduto di così importante o grave da impedirgli di comporre quelle poche cifre sulla tastiera del telefono.
Osservai la mia immagine riflessa nello specchio, in quell’abito nero che si addiceva perfettamente alla mia aria da funerale. I capelli ricadevano lunghi sulle spalle nude e ad ogni movimento mi solleticavano facendomi rabbrividire. Li raccolsi tra le dita annodandoli sopra la testa trattenendoli per vedere l’effetto di una acconciatura…ma era tutto inutile, non mi importava nulla del mio aspetto, nè di quella serata imminente, come se la mia realtà mi fosse estranea, distaccata …e nel mio essere…nel mio cuore…nella mia mente…di reale vi fosse soltanto lui….
Lasciai ricadere la folta massa di capelli che scivolando fluidi si rimisero al loro posto come se non li avessi nemmeno toccati.
Mi voltai verso le tre ragazze che da oltre un’ora si prodigavano per accontentare una cliente tanto difficile…e con un sorriso tirato dissi loro che forse non era la giornata giusta…e che sarei tornata magari l’indomani.
Si guardarono tra loro come se sperassero io non lo facessi…e anche se molto gentili, compresi di averle indispettite.
Poco mi importava…era un problema loro.
Indossai i miei comodi jeans e la camicia di flanella, sentendomi addosso gli occhi disgustati dell’intero negozio per quell’abbigliamento fuori moda. Infilai il piumino nero e alzando il bavero di lapin mi rigettai nel fiume di gente che popolava il marciapiedi della strada più glamour di New York.
Amavo New York…e il suo essere unica e così diversa ad ogni stagione, sapeva incantare perché mostrava sempre se stessa…in tutte le occasioni…senza temere mai il trascorrere del tempo…era vera.
Mi fermai davanti ad una libreria…attratta dalla copertina di un volume esposto sopra ad una mensola un po’ in disparte rispetto alle altre posizionate nella vetrina…mi avvicinai per leggere quella che sembrava una rima di poesia nell’angolo in basso…firmata in calce.
"La mia felice bocca nuovamente incontrare vuole
le tue labbra che baciando mi benedicono,
le tue dita care voglio tenere
e giocando congiungerle con le mie dita,
saziare il mio assetato sguardo col tuo,
avvolgere il mio capo nei tuoi folti capelli…"
le tue labbra che baciando mi benedicono,
le tue dita care voglio tenere
e giocando congiungerle con le mie dita,
saziare il mio assetato sguardo col tuo,
avvolgere il mio capo nei tuoi folti capelli…"
GARCIA LORCA
Quel poeta sapeva catturare le emozioni chiamandole con il loro nome e le espressioni con le quali le metteva a nudo…erano spesso crude e concrete.
Adoravo la poesia …anche se questa caratteristica mi escludeva ancor di più dalla maggior parte delle persone che nelle rime e nel bel canto scorgevano solo la mielosa prosa…senza sorbirne l’elegante suono, che rendeva le parole…una soave melodia.
Avevo ereditato la sensibilità alla poesia da mio padre che, nonostante l’aspetto austero e la spiccata mascolinità, nascondeva un animo sensibile e una tenerezza senza eguali. Amava le parole così come le adoravo io e mai lo avevo sentito usarle con disprezzo…se non verso coloro i quali non ne soppesavano l’importanza.
Quella frase stampata, quasi per caso aveva letto dentro di me, mettendo a nudo i miei desideri, le mie paure…e il mio bisogno di lui.
Mi lasciai trasportare dalle emozioni…chiusi gli occhi e rividi noi due sulla spiaggia a rincorrere i nostri sogni mescolati alle nuvole che si inseguivano in quel cielo invernale…le nostre risate che si confondevano col canto del mare e il verso dei gabbiani…e le nostre mani…intrecciate quasi fossero l’una il completamento dell’altra.
Tutto di noi era sembrato reale e unico…e non potevo credere in alcun modo che non lo fosse stato …che Robert avesse recitato un ruolo e che ora, finita la scena…mi avesse dimenticata.
Non lo potevo accettare.
Non dovevo cedere alla malinconia, avevo promesso a Louis e soprattutto a me stessa che avrei combattuto per tornare a vivere una vita “normale”...e dovevo farcela.
Stavo cercando di scaldarmi le mani soffiandovi il fiato caldo, quando il cellulare nella mia tasca cominciò a squillare e… senza sapere come…avevo già risposto.
- Pronto?-
- Ciao gioia, allora….ce l’hai fatta a trovare il tuo abito da debutto?-
- Sei tu Louis…no…non sono in vena e poi sembra che in questa città non vi sia niente di diverso da un abito nero. Non ne posso più di quel colore…mi mette tristezza. Non avresti da consigliarmi un….?-
- Dimmi dove sei!!- Non aveva nemmeno lasciato che terminassi la domanda e già mi stava dando la risposta….Amavo quell’uomo.
- Sono in Fifth Avenue, non sapevo dove altro andare. –
- Aspettami all’angolo con la Madison…ho io il posto giusto per te…cuore mio. Sarò da te in poco meno di 15 minuti…traffico permettendo. Pensi di potercela fare? –
- Louis ti prego…non sono una bambina!...eh senti…Grazie! –
- E’ un onore tesoro. – E chiuse la comunicazione.
Passeggiai senza fretta infilandomi il berretto di pile che tenevo sempre infilato nella tasca del giubbotto e osservai le persone che mi sfilavano accanto, ognuna persa nei propri pensieri a rincorrere il tempo che in quella città sembrava non bastasse mai. Molti di loro erano soli e percorrevano la via con gli occhi a terra, intenti a non urtare le persone che venivano nel senso contrario…un vero fiume in piena.
Raggiunsi il luogo dell’appuntamento e mi accorsi di avere a disposizione ancora cinque minuti prima dell’arrivo di Louis.
Accanto a me vi era un giornalaio con i pacchi nuovi di quotidiani ancora legati ed impilati accanto alla sua postazione.
Poco distante c’erano riviste di Gossip e sbirciai per curiosità le copertine dove volti più o meno noti venivano sorpresi e fotografati nella loro vita quotidiana.
Rimasi quasi paralizzata quando scorsi quel primo piano di Robert in compagnia di una ragazza sulla copertina di US Magazine…la didascalia diceva
–“ Robert Pattinson in un Pub di Londra canta in dolce compagnia”-
La foto li ritraeva abbracciati , .mentre lui le baciava la fronte sorridendo.
Rimasi immobile, incapace di respirare…ad osservare quell’immagine che man mano sfuocava tra le lacrime che sorsero spontanee velandomi gli occhi.
Prima immobili, le figure sembrarono poi prendere vita e lo vidi abbracciarla, stringerla, parlarle con la sua voce dolcissima…mentre di me probabilmente non ricordava quasi nemmeno il nome.
Come aveva potuto illudermi fino a quel punto…e come avevo potuto permettere che accadesse una cosa simile.
Mi ero protetta per anni da simili delusioni e poi l’essermi permessa per un attimo di lasciarmi andare… aveva portato a questo.
Per qualche strano maleficio sembrava che il destino non volesse darmi la possibilità di essere felice…e mi sentii morire, come se quel fuoco che lui aveva acceso in me si fosse improvvisamente spento…lasciandomi il gelo dentro.
Istintivamente presi il telefono e lo spensi…quasi temessi a quel punto che potesse nuovamente cercarmi e ferirmi ancora.
Non glielo avrei permesso…non più.
Lo lascai cadere nella tasca…e tornai a guardare il volto che avevo così tanto amato da non riuscire a pensare ad altro…sembrava felice, quelle rughette intorno agli occhi non mentivano…lo era.
- Eccomi cara…perdonami ma oggi il traffico è in delirio e….–
Sollevai lo sguardo sull’unico amico sincero che avevo e senza dire altro Louis comprese il mio stato d’animo e mi strinse a sé avvolgendomi tra le sue forti braccia e posando la sua mano sul mio capo mi sostenne mentre cercavo di riprendermi dallo shock.
- Che c’e’ piccola? Cosa ti succede ancora?-
- Oh Louis…portami via di qui…ti prego. –
Mi prese sotto braccio e mi condusse a passo deciso verso l’auto che ci attendeva a lato della strada.
Salimmo veloci e all’ombra di quei vetri oscurati lasciai sfogare la mia rabbia investendo con un fiume di parole l’unico essere che aveva ancora voglia di ascoltarmi e quando sentii di aver detto tutto... lui scoppiò a ridermi in faccia…lasciandomi stupefatta!
- Ma dico io Francies…credi ancora a tutte le stupidaggini che scrivono quei giornali? Può essere una foto che risale ad altri tempi….oppure quella ragazza essere solo una sua vecchia amica…che ne sai? Si vede che sei fuori dalle scene da un bel po’…non ti fare un film ad ogni cosa che vedi sui rotocalchi…sono tutte bugie per aumentare le vendite….dammi retta!-
- Credi davvero? Sono proprio tanto sciocca vista da fuori? –
- Beh…te la cavi bene….ma rimani sempre adorabile…cuore mio! –
Sospirai, accasciandomi sul comodo sedile in pelle della Limousine di Louis…sentendomi improvvisamente la stupida che sembravo.
Quel salotto ambulante era davvero incredibile, non se ne separava mai…era parte del suo personaggio e pensarlo in una semplice berlina era quasi un insulto alla sua immagine…che curava in maniera maniacale.
- Cosa farei senza di te amico mio…-
- Me lo chiedo tutti i giorni! Adesso però smettila di fare scenate, di agitarti per nulla e pensiamo alle cose importanti..il tuo abito…ad esempio!
- Portami dove vuoi e mettimi ciò che ti sembra più adatto…mi affido ciecamente…anche perché non so da che parte cominciare. –
- Allora preparati…oggi sarai la mia pretty woman…-
- Oh Santo cielo, comincio già a pentirmi…ahaha…sei un folle, ma ti adoro. –
Il pomeriggio volò tra abiti da sogno…seduta dal parrucchiere…manicure e trattamenti al viso e al corpo…cose che non facevo da anni, ma che in quel momento mi ristorarono dai brutti pensieri.
Ma nel mio cuore… quel dolore dato dal dubbio mi torturava lento…profondo, insinuandosi nella mia mente come un tarlo e distraendomi continuamente dalle gioie che il mio presente mi stava regalando.
Mi affidai all’uomo splendido che aveva cura di me…e guardandomi allo specchio la sera dell’inaugurazione…seppi che gli dovevo davvero molto..per aver fatto quel miracolo.
Spensi le luci di casa…chiusi gli occhi lasciando che la porta del mio passato si chiudesse alle mie spalle…e mi gettai fiduciosa sotto ai riflettori del mio futuro…stretta al braccio di quell’uomo che mi aveva riportata alla vita.