mercoledì 29 giugno 2011

capitolo 49

Capitolo 49 – Francies



Non era facile concentrarsi sulla scelta di un abito adatto alla serata dell’inaugurazione quando nella mia testa continuava ad apparire il volto di Robert … quel volto  splendido che sorridente mi prometteva che mi avrebbe presto chiamato.

Sentivo ancora il calore delle sue braccia strette attorno a me quando, incapace di allontanarsi era tornato sui suoi passi e mi aveva abbracciata forte…quasi mi avesse dovuto lasciare per sempre…e forse … era proprio così.




 Le commesse delle boutique di Saks sulla Fifth Avenue mi guardavano confuse…come se non comprendessi le parole con le quali si rivolgevano a me…ero  distratta e la verità era che mi sentivo lontana da tutto ciò che mi circondava, incapace di comprendere quel silenzio prolungato che via via che il tempo passava diventava sempre più opprimente e doloroso.

 La mia mente era altrove …all’altro capo del mondo…a cercare di comprendere cosa fosse accaduto di così importante o grave da impedirgli di comporre quelle poche cifre sulla tastiera del telefono.

Osservai la mia immagine riflessa nello specchio, in quell’abito nero che si addiceva perfettamente alla mia aria da funerale. I capelli ricadevano lunghi sulle spalle nude e ad ogni movimento mi solleticavano facendomi rabbrividire. Li raccolsi tra le dita annodandoli sopra la testa  trattenendoli per vedere l’effetto di una acconciatura…ma era tutto inutile, non mi importava nulla del mio aspetto, nè di quella serata imminente, come se la mia realtà mi fosse estranea, distaccata …e nel mio essere…nel mio cuore…nella mia mente…di reale vi fosse soltanto lui….

 Lasciai ricadere la folta massa di capelli che  scivolando fluidi si rimisero al loro posto come se non li avessi nemmeno toccati.

Mi voltai verso le tre ragazze che da oltre un’ora si prodigavano per accontentare una cliente tanto difficile…e con un sorriso tirato dissi loro che forse non era la giornata giusta…e che sarei tornata magari l’indomani.

Si guardarono tra loro come se sperassero io non lo facessi…e anche se molto gentili, compresi di averle indispettite.

Poco mi importava…era un problema loro.

Indossai i miei comodi jeans e la camicia di flanella, sentendomi addosso gli occhi disgustati dell’intero negozio per quell’abbigliamento fuori moda. Infilai il piumino nero e alzando il bavero di lapin mi rigettai nel fiume di gente che popolava il marciapiedi della strada più glamour di New York.




     Le vetrine si susseguivano colme di ogni genere di oggetti regalo e addobbate per il Natale erano davvero qualcosa di indescrivibile.

Amavo New York…e il suo essere unica e così diversa ad ogni stagione, sapeva incantare perché mostrava sempre se stessa…in tutte le occasioni…senza temere mai il trascorrere del tempo…era vera.

 Mi fermai davanti ad una libreria…attratta dalla copertina di un volume esposto sopra ad una mensola un po’ in disparte rispetto alle altre posizionate nella vetrina…mi avvicinai per leggere quella che sembrava una rima di poesia nell’angolo in basso…firmata in calce.



"La mia felice bocca nuovamente incontrare vuole
le tue labbra che baciando mi benedicono,
le tue dita care voglio tenere
e giocando congiungerle con le mie dita,
saziare il mio assetato sguardo col tuo,
avvolgere il mio capo nei tuoi folti capelli…"


                                        GARCIA LORCA







Quel poeta sapeva catturare le emozioni chiamandole con il loro nome e le espressioni con le quali le metteva a nudo…erano spesso crude e concrete.

Adoravo la poesia …anche se questa caratteristica mi escludeva ancor di più dalla  maggior parte delle persone che nelle rime e nel bel canto scorgevano solo la mielosa prosa…senza sorbirne l’elegante suono, che rendeva le parole…una soave melodia.

Avevo ereditato la sensibilità alla poesia da mio padre che, nonostante l’aspetto austero e la spiccata mascolinità, nascondeva un animo sensibile e una tenerezza senza eguali. Amava le parole così come le adoravo io e mai lo avevo sentito usarle con disprezzo…se non verso coloro i quali non ne soppesavano l’importanza.

Quella frase stampata, quasi per caso aveva letto dentro di me, mettendo a nudo i miei desideri, le mie paure…e il mio bisogno di lui.

Mi lasciai trasportare dalle emozioni…chiusi gli occhi e rividi noi due sulla spiaggia a rincorrere i nostri sogni mescolati alle nuvole che si inseguivano in quel cielo invernale…le nostre risate che si confondevano col canto del mare e il verso dei gabbiani…e le nostre mani…intrecciate quasi fossero l’una il completamento dell’altra.

Tutto di noi era sembrato reale e unico…e non potevo credere in alcun modo che non lo fosse stato …che Robert avesse recitato un ruolo e che ora, finita la scena…mi avesse dimenticata.

 Non lo potevo accettare.

Non dovevo cedere alla malinconia, avevo promesso a Louis e soprattutto a me stessa che  avrei combattuto per tornare a vivere una vita “normale”...e dovevo farcela.

Stavo cercando di scaldarmi le mani soffiandovi il fiato caldo, quando il cellulare nella mia tasca cominciò a squillare e… senza sapere come…avevo già risposto.

-                     Pronto?-

-                     Ciao gioia, allora….ce l’hai fatta a trovare il tuo abito da debutto?-

-                     Sei tu Louis…no…non sono in vena e poi sembra che in questa città non vi sia niente di diverso da un abito nero. Non ne posso più di quel colore…mi mette tristezza. Non avresti da consigliarmi un….?-

-                     Dimmi dove sei!!- Non aveva nemmeno lasciato che terminassi la domanda e già mi stava dando la risposta….Amavo quell’uomo.

-                     Sono in Fifth Avenue, non sapevo dove altro andare. –

-                     Aspettami all’angolo con la Madison…ho io il posto giusto per te…cuore mio. Sarò da te in poco meno di 15 minuti…traffico permettendo. Pensi di potercela fare? –

-                     Louis ti prego…non sono una bambina!...eh senti…Grazie! –

-                     E’ un onore tesoro. – E chiuse la comunicazione.

Passeggiai senza fretta infilandomi il berretto di pile che tenevo sempre infilato nella tasca del giubbotto e osservai le persone che mi sfilavano accanto, ognuna persa nei propri pensieri a rincorrere il tempo che in quella città sembrava non bastasse mai. Molti di loro erano soli e percorrevano la via con gli occhi a terra, intenti a non urtare le persone che venivano nel senso contrario…un vero fiume in piena.

Raggiunsi il luogo dell’appuntamento e mi accorsi di avere a disposizione ancora cinque minuti prima dell’arrivo di Louis.

Accanto a me vi era un giornalaio con i pacchi nuovi di quotidiani ancora legati ed impilati accanto alla sua postazione.

Poco distante c’erano riviste di Gossip e sbirciai per curiosità le copertine dove volti più o meno noti venivano sorpresi e fotografati nella loro vita quotidiana.

Rimasi quasi paralizzata quando scorsi quel primo piano di Robert in compagnia di una ragazza sulla copertina di US Magazine…la didascalia diceva

–“ Robert Pattinson in un Pub di Londra canta in dolce compagnia”-

 La foto li ritraeva abbracciati , .mentre lui le baciava la fronte sorridendo.

Rimasi immobile, incapace di respirare…ad osservare quell’immagine che man mano sfuocava tra le lacrime che sorsero spontanee velandomi gli occhi.

Prima immobili, le figure sembrarono poi prendere vita e lo vidi abbracciarla, stringerla, parlarle con la sua voce dolcissima…mentre di me probabilmente non ricordava quasi nemmeno il nome.

 Come aveva potuto illudermi fino a quel punto…e come avevo potuto permettere che accadesse una cosa simile.

Mi ero protetta per anni da simili delusioni e poi l’essermi permessa per un attimo di lasciarmi andare… aveva portato a questo.

Per qualche strano maleficio sembrava che il destino non volesse darmi la possibilità di essere felice…e mi sentii morire, come se quel fuoco che lui aveva acceso in me si fosse improvvisamente spento…lasciandomi il gelo dentro.

Istintivamente presi il telefono e lo spensi…quasi temessi a quel punto che potesse nuovamente cercarmi e ferirmi ancora.

 Non glielo avrei permesso…non più.

 Lo lascai cadere nella tasca…e tornai a guardare il volto che avevo così tanto amato da non riuscire a pensare ad altro…sembrava felice, quelle rughette intorno agli occhi non mentivano…lo era.

-                     Eccomi cara…perdonami ma oggi il traffico è in delirio e….–

Sollevai lo sguardo sull’unico amico sincero che avevo e senza dire altro Louis comprese il mio stato d’animo e mi strinse a sé avvolgendomi tra le sue forti braccia e posando la sua mano sul mio capo mi sostenne mentre cercavo di riprendermi dallo shock.

-                     Che c’e’ piccola? Cosa ti succede ancora?-

-                     Oh Louis…portami via di qui…ti prego. –

Mi prese sotto braccio e mi condusse a passo deciso verso l’auto che ci attendeva a lato della strada.

Salimmo veloci e all’ombra di quei vetri oscurati lasciai sfogare la mia rabbia investendo con un fiume di parole l’unico essere che aveva ancora voglia di ascoltarmi e quando sentii di aver detto tutto... lui scoppiò a ridermi in faccia…lasciandomi stupefatta!

-                     Ma dico io Francies…credi ancora a tutte le stupidaggini che scrivono quei giornali? Può essere una foto che risale ad altri tempi….oppure quella ragazza essere solo una sua vecchia amica…che ne sai? Si vede che sei fuori dalle scene da un bel po’…non ti fare un film ad ogni cosa che vedi sui rotocalchi…sono tutte bugie per aumentare le vendite….dammi retta!-

-                     Credi davvero? Sono proprio tanto sciocca vista da fuori? –

-                     Beh…te la cavi bene….ma rimani sempre adorabile…cuore mio! –

Sospirai, accasciandomi sul comodo sedile in pelle della Limousine di Louis…sentendomi improvvisamente la stupida che sembravo.

 Quel salotto ambulante era davvero incredibile, non se ne separava mai…era parte del suo personaggio e pensarlo in una semplice berlina era quasi un insulto alla sua immagine…che curava in maniera maniacale.

-                     Cosa farei senza di te amico mio…-

-                     Me lo chiedo tutti i giorni! Adesso però smettila di fare scenate, di agitarti per nulla e pensiamo alle cose importanti..il tuo abito…ad esempio!

-                     Portami dove vuoi e mettimi ciò che ti sembra più adatto…mi affido ciecamente…anche perché non so da che parte cominciare. –

-                     Allora preparati…oggi sarai la mia pretty woman…-

-                     Oh Santo cielo, comincio già a pentirmi…ahaha…sei un folle, ma ti adoro. –

Il pomeriggio volò tra abiti da sogno…seduta dal parrucchiere…manicure e trattamenti al viso e al corpo…cose che non facevo da anni, ma che in quel momento mi ristorarono dai brutti pensieri.

Ma nel mio cuore… quel dolore dato dal dubbio mi torturava lento…profondo, insinuandosi nella mia mente come un tarlo e distraendomi continuamente dalle gioie che il mio presente mi stava regalando.

Mi affidai all’uomo splendido che aveva cura di me…e guardandomi allo specchio la sera dell’inaugurazione…seppi che gli dovevo davvero molto..per aver fatto quel miracolo.

Spensi le luci di casa…chiusi gli occhi lasciando che la porta del mio passato si chiudesse alle mie spalle…e mi gettai fiduciosa sotto ai riflettori del mio futuro…stretta al braccio di quell’uomo che mi aveva riportata alla vita.

martedì 21 giugno 2011

Capitolo 48

Capitolo 48 – Robert




Rivedere la mia famiglia al completo fu molto più piacevole di quanto mi aspettassi. Mio padre in poche ore si era ripreso e il medico che lo aveva seguito lo lasciò tornare a casa per poter trascorrere l’ultimo giorno insieme a tutti i suoi figli.

 Vicky ed io avevamo fatto pace…anche se continuava a rinfacciarmi di essere stato sgradevole, ma in fondo aveva le sue ragioni per continuare a ripeterlo e le chiesi scusa tutte le volte che mi veniva richiesto.

La sera prima della partenza per Vancouver, richiamai il conducente dell’auto che aveva accompagnato Lizzy e me all’aeroporto e dopo essersi scusato infinite volte per l’accaduto, mi disse che il mio telefono era probabilmente scarico e non riusciva ad accenderlo…cosa che non mi sorprese, vista la mia abitudine di non metterlo mai sotto carica. Lo scongiurai di trovare il modo di rimediare alla cosa e di richiamarmi al mio nuovo numero non appena fosse riuscito a farlo.






Non ne comprendevo la ragione, ma quel silenzio tra me e Francies non mi preoccupava più quanto il giorno precedente, quasi fossi  oramai certo che Lei avrebbe capito .

La sera, dopo la cena con la mia famiglia, avevo incontrato i miei amici più stretti, quelli con i quali il mio rapporto dopo il grande successo non era cambiato affatto e gli unici che mi facessero sentire il Robert che ero sempre stato ed eravamo andati in un Pub di Soho, gestito da un nostro vecchio amico…Garret, nel quale si faceva della buona musica dal vivo e dove un tempo, con la mia piccola Band, avevo suonato anch’io.
    Avevamo raggiunto il locale con l’auto di Tom, amico mio da sempre e cercando di non dare troppo nell’occhio eravamo entrati dal grande portone in legno…simbolo del locale, il cui nome era appunto“ Old wooden door”.
    Non c’era molta gente a quell’ora tarda, ma la cosa non mi dispiacque affatto. Cercavo sempre di nascondere il mio volto sotto a berretti molto scuri e a cappucci calati sopra la testa, ma quella sera non fu necessario, perche’ gran parte dei presenti mi conosceva bene e quando mi videro in compagnia dei vecchi amici non ne furono affatto sorpresi. Londra era uno dei pochi posti dove potevo muovermi senza particolare timore di essere braccato dai fans…e la vita era più facile…e normale.
   Mi avvicinai al bancone per ordinare le solite birre scure e per salutare Garret che di solito se ne rimaneva dietro al tavolone del bar a chiacchierare con i clienti . Nonostante fosse vietato fumare, nell’aria aleggiava una leggera nuvola profumata di tabacco e di erba buona…quell’aroma di Pub che non sentivo se non a Londra…la mia città del cuore.

 Seduta Sul piccolo palco allestito nell’angolo poco lontano dal bar, una ragazza  carina stava suonando un pezzo molto triste con la sua chitarra appoggiata alle ginocchia e sembrava lontana con la mente, come se quelle parole la riconducessero ad un passato che quel testo le ricordava..



Aveva dei lineamenti che mi erano familiari, ma non riuscivo a ricordare dove l’avessi già vista.

Teneva la testa bassa e non potevo vedere bene i suoi occhi così mi avvicinai con la bottiglia in mano, curioso di guardarla meglio e scoprire chi fosse.

Terminato il pezzo sembrò quasi trasformarsi e il suo viso si aprì in un sorriso che avrebbe contagiato chiunque ed immediatamente la riconobbi…

Anche lei mi vide e alzandosi mi venne incontro come se avesse visto un vecchio amico, sbracciandosi con ancora la chitarra a tracolla dietro la schiena.

-                     Non ci posso credere…com’è possibile che ti incontri in ogni dove….ciao Robert, conciato così quasi non ti riconoscevo. –
    L’accento del sud rendeva la sua parlata ancora più divertente e inconsapevolmente allargai le braccia per accoglierla e baciarle la guancia.

-                     Erika…non riesco proprio a capire…sei proprio tu?-

Era strano rivedere quella ragazza buffa all’altro capo del mondo dopo soli tre giorni e mi venne spontaneo farle un simpatico interrogatorio.

-                     Ti lascio come esperta di coctail a Malibù e ti ritrovo come cantante nel cuore di Londra? Tu sei una donna piena di risorse…sono veramente stupito.-

Scoppiò a ridere senza nascondere l’agitazione che quell’abbraccio le aveva procurato. Sapevo con certezza che avesse un debole per me, me lo aveva confessato lei stessa, mentre insieme, qualche sera prima, accendevamo la miriade di candele lungo la piscina della villa di Lizzy. Era stata generosa e davvero gentile con me, senza mai essere invadente o pretendere nulla in cambio ed io senza il suo aiuto non avrei potuto realizzare ciò che era stato fatto quella sera.

-                     Sono partita il giorno dopo per venire qui a Londra, era già in programma da tempo e quel lavoro mi serviva proprio per trovare i soldi per il viaggio…ma mai avrei pensato di incontrare te per due volte di seguito. –

Si agitava tutta e mentre parlava intrecciava le dita tra loro in posizioni incredibili.

                   Non sono ancora sicuro... sei una cantante...o una barista.?..aiutami a capire! -

                   Direi entrambe le cose...il mio sogno è cantare, ma per vivere devo arrangiarmi in qualche modo e la barista è l'ideale per rimanere a stretto contatto con locali come questo...Garret è davvero una persona meravigliosa, mi ha lasciata suonare senza nemmeno avermi sentita prima...lo adoro. E tu?...il tuo angelo? - Sorrideva cordiale e sincera e nei suoi occhi c'era davvero una luce speciale. Le risposi sinceramente.

                   Sono tornato di fretta perché mio padre ha avuto un incidente e sono solo...come vedi. Lei non è potuta venire. -

                   Ah...Allora sei un single stasera...libero di fare follie?! -

Non so come facesse, ma quella ragazza mi metteva il buonumore e stare con lei era davvero divertente. Ci sedemmo sopra agli sgabelli allineati lungo il bancone, mentre i ragazzi amici miei si erano spostati su di un tavolo che praticamente era riservato sempre a loro.

                   La canzone che hai cantato prima non l'ho mai sentita...di chi è? -

La vidi oscurarsi in volto e abbassare lo sguardo, come se le mie parole l'avessero ferita. Attesi la sua risposta sentendomi  responsabile del suo cambiamento repentino.

                   E' mia...l'ho scritta tanto tempo fa, quando vivevo ancora ad Albany in Georgia, con mia madre e....-
Si sistemò sullo sgabello sollevando le spalle e riprendendo il sorriso da dove lo aveva lasciato.
- ...Non e' una storia interessante, ma la canzone è nata lì. Ti piace? -

Le brillavano gli occhi di miele e senza trucco ne altro, era semplicemente stupenda.

- Molto...sono sempre più curioso di scoprire che altro mi nascondi. -

Non insistetti sulla storia della sua vita ...non avevo bisogno altro che di trascorrere una serata serena e tranquilla...e lei era la persona giusta.

            Vuoi che ti presenti ai miei amici? Alcuni di loro suonano in un gruppo, potrebbero tornarti utili per realizzare il tuo sogno...o mal che vada potrebbero rimediarti qualche lavoretto nei locali dove suonano anche loro...vuoi? -

            Volentieri. Sono qui da soli due giorni e non conosco nessuno tranne Garret e il personale del locale, quindi in ogni caso...mi fa davvero piacere.-

Ci alzammo insieme e come l'avessi sempre fatto le cinsi le spalle con il braccio, appoggiando la mia mano sulla spalla minuta di quella ragazza che sprizzava energia da tutti i pori. Ebbe un fremito e così la strinsi contro di me per darle conforto e tranquillizzarla. Ci guardammo per un momento sorridendo e in quel momento mi resi conto di aver trovato un'amica...con la  quale avevo avuto subito una simpatia a pelle e che non riuscivo a fare a meno di adorare. I suoi occhi erano limpidi e sinceri e le sue parole sempre dirette e divertenti...insomma l'amica ideale.

- Ragazzi questo splendore si chiama Erika...e come un fiore va trattata. Mi ha salvato la vita qualche giorno fa...e stasera è nostra ospite ok? -

            Ciao a tutti!! -

Tom e gli altri si erano alzati per stringerle la mano e in meno di due minuti era come se fosse sempre stata una dei nostri. Non c'era malizia tra di noi, soltanto una gran voglia di ridere e una simpatia spontanea e incontrollabile che mi fece davvero bene al cuore.

            Avete sentito che la ragazza sa cantare?...potrebbe essere una di voi...non dicevate sempre di cercare una voce femminile per allargare il repertorio? - Mi girai verso di lei e le feci l'occhiolino...lei sorrise.

            Potremmo anche provare adesso...Garret e' sempre disponibile agli esperimenti. -
Tom...al quale non era fuggito il nostro segno d'intesa... era intervenuto subito ed aveva lanciato la proposta.

            Siiii...ne sarei felicissima, senza impegno ragazzi...ci si prova e ci si diverte ok?-
     Era un maschiaccio, dolcissima e senza pudori.

            Rob tu che fai? Chitarra, pianoforte o voce? - Tom aveva dimenticato che preferivo rimanere nell'ombra, ma lo vidi abbozzare un sorrisino di sfida e non seppi resistere...la raccolsi e risposi immediatamente.

            La chitarra la suona  Eddy...mi metto al piano d'accordo? Se mi ricordo ancora come si fa. - Risero tutti della mia battuta.

            Vado a parlare col capo e torno subito...intanto preparatevi il pezzo da fare. – Tom si allontanò.

 La discussione si accese sul tipo di musica da scegliere   e mentre si dibatteva, il telefono nella mia tasca cominciò a vibrare.

Mi alzai in fretta per uscire da quel locale rumoroso e non appena mi trovai all’aperto…risposi emozionato e speranzoso a quel numero sconosciuto che vedevo lampeggiare sul display.

-              Pronto? – All’altro capo del telefono c’era un silenzio tombale.

-              Pronto chi parla?- insistetti. Un brusio e poi mi giunse chiara e forte la voce di Stephanie che urlò nell’orecchio il mio nome.

-               Robert…ma dove sei finito? Ti cerco da un paio di giorni e solo ora scopro che sei addirittura a Londra? Ma dico, vuoi farmi morire?-

-              Steph…calmati…ti posso spiegare tutto. –

-              Non credo proprio mio caro, non puoi pretendere che mi occupi della tua carriera quando sembra che della stessa non ti importi proprio niente. Sono stanca di rincorrerti per il mondo senza sapere nè dove sei nè cosa tu stia facendo ok? Se vuoi che sia la tua manager mi devi avvertire dei tuoi movimenti…altrimenti come faccio a dirti che invece che a Vancouver domani devi essere a New York? Ti mando una lettera?...Mi farai impazzire, tu non lo vedi, ma ho il tic all’occhio da quando mi occupo di te…mi farai venire l’esaurimento….mi hai sentito? –

Rimasi ammutolito…New York… Francies.

-              E come mai devo essere a New York?...Non capisco, ci sono in programma interviste o altro?- Ero eccitato all’idea di trovarmi nella sua città e di poterla forse rivedere.

-              David Letterman ti vuole nel suo show e se ce la fai dovresti presenziare all’inaugurazione di un nuovo negozio di gran lusso…ancora non mi hanno detto di cosa si tratti , ma ci pagherebbero bene. Ci saranno molte personalità del mondo della moda e dello spettacolo ed è un ottima vetrina per te e il tuo futuro. Ci sarà la stampa e molti network stanno facendo a gara per l’esclusiva, si vedrà. Vuoi degnarti di tornare o devo disdire tutto?-

Feci una pausa…e poi sorridendo le dissi di prenotarmi il primo volo del mattino. Ci salutammo e feci ritorno nel Pub dove la band si stava sistemando per l’esibizione.

Mi diressi verso Erika che mi fissava con aria interrogativa.

-              Che ti succede? Problemi? –

-              Niente affatto…è tutto il contrario…- Le dissi avvolgendola in un abbraccio e schioccandole un sonoro bacio sulla fronte.

-              Mi sa che sei tu a portarmi fortuna!…Domani torno dal mio angelo. –

-              UUhh così presto? Lo vedi che hai fatto bene a non preoccuparti? Andrà tutto bene vedrai…- e mi diede il cinque a due mani, prima di agguantare il microfono e prepararsi a cantare.

        Ero felice …e quella sera il nostro mini concerto fu spettacolare e memorabile. Erika aveva trovato il suo ruolo nella band….io avevo ritrovato Francies…ora non mi restava ...che volare da lei…

domenica 12 giugno 2011

Capitolo 47

Capitolo 47 – Francies



 New York mi accolse come una vecchia amica, accompagnandomi per mano lunghe le strade affollate di gente alla ricerca di sogni…da regalare ad altri…e mai a se stessi.

Ero perfetta come abitante di quella città…nessun legame familiare ad attendermi…nessuna illusione sul mio futuro…soltanto la certezza di quello che il mio cuore abbracciava stretto come fosse il suo tesoro.

Le illusioni erano volate via con gli anni di solitudine…e l’unico desiderio che ancora conservavo gelosamente era il grande amore… quello vero.

 Non il patetico e patinato prototipo di marito-casa-figli…confezionato a dovere da chi secondo me di quel sentimento non aveva compreso a fondo la bellezza,bensì l’amore che ti travolge l’esistenza…che cambia il colore dei tuoi occhi…che rende splendenti gli orizzonti senza fine…solo quello…e niente altro.

Sapevo di comportarmi come una bambina…ma ero stata costretta a vivere da adulta per quasi tutta la mia vita e sentivo il dovere verso me stessa di regalarmi almeno quella piccola ed innocente illusione…se di illusione si trattava.



Incontrare Robert aveva spalancato la porta del mio cuore ed ora non avrei permesso ad altri che a lui di poterla richiudere…se lo avesse voluto.

Infilai la chiave sulla serratura della porta del mio appartamento e con un colpetto del piede la spinsi fino a spalancarla. Rimasi ad osservare l’interno buio, come se varcare quella soglia significasse cancellare tutta la bellezza di quegli ultimi cinque giorni…che avevano cambiato per sempre la mia vita.

Mi feci coraggio ed entrai…non accadde nulla.

Mi sembrava fosse trascorso un secolo dall’ultima volta che avevo compiuto quei gesti, mentre invece all’interno le mie piante conservavano ancora la terra umida dell’acqua che avevo loro versato prima di andarmene.

Che strano come il tempo si dilati e perda sostanza nel momento in cui i sogni entrano a far parte realmente della nostra vita…tutto cambia…si trasforma e non lo si riconosce più.

Camminavo per casa meccanicamente e le mani seguivano i movimenti delle braccia come se a guidarle fosse un pittore che dipinge la sua tela…e in quella tela c’era disegnata la mia vita, sulla quale mancavano soltanto le tinte forti e accese della passione.

Volevo di più…volevo tutto…volevo Lui.


Al pensiero di Robert le braccia ricaddero lungo i fianchi, a cercare nella tasca quella scatola infernale della quale ero ormai schiava da oltre ventiquattro ore…il cellulare.
Era come un’appendice e non lo lasciavo mai nemmeno quando avrei dovuto farlo e la cosa era strana visto che non era mia abitudine portarlo con me.

Infilai la mano nella tasca e accanto al telefono raccolsi la conchiglia che Taco aveva messo tra le mie mani sulla spiaggia di Malibù…la Conchiglia del Buon ritorno.

Riguardarla mi fece sorridere e osservandola attentamente  rividi quegli occhi di miele fuso rivolgermi quelle parole così semplici…e così belle.

Non si era reso conto di quel che avevano suscitato in me…ed era giusto così…perchè quella sua purezza le aveva rese…perfette.

Sospirai rigirandola tra le dita e senza volere mi ritrovai seduta sul mio banco da lavoro, dove come sempre regnava il disordine più completo…quasi a fare da specchio a quello che era il mio animo interiore…confusione e creatività abbracciate tra la polvere del tempo…

Raccolsi il piccolo cesello e lavorai con attenzione sulla conchiglia per ricavarne un foro sufficiente ad accogliere il sostegno che intendevo forgiare apposta per quel monile…e persi il senso del tempo.

Lavorai con la precisione e la sicurezza data da alcuni anni di esperienza e quando finii di lucidare le finiture in argento…fuori era già buio.

Feci scivolare una semplice catenina sottile attraverso il fermaglio e la appoggiai, come sempre facevo, al collo da vetrina in vellutino beige…simile alla sabbia di quella spiaggia ormai lontana….e la nostalgia mi colse impreparata attanagliandomi la gola.

Deglutii quel magone e girandomi raggiunsi la cucina e quella dispensa quasi vuota nella quale conservavo soltanto cibi che non mi piacevano…tanto per non ingrassare. Mi chinai per afferrare un pacchetto di crostini e dal cuore gioiello che mi scivolò sul collo fuoriuscì quel gioco di suoni armoniosi che in un attimo mi riportarono tra le sue braccia…

Chiusi gli occhi….e mi lasciai trasportare dai ricordi…

La sua voce suadente che come una carezza sembrava cullasse la mia anima…
il tocco delle sue dita sul mio viso…sempre leggere…delicate, mai invadenti…
la sua risata sciocca, quando rideva di me e dei miei modi buffi e lo specchio limpido dei suoi occhi dei quali ora… non riuscivo più a vedere il fondo….e la sua bocca…che al solo cenno di sorriso mi lasciava senza fiato.

Mi mancava da morire e al suono di quelle note celestiali non potetti più resistere e lasciai che una lacrima scorresse lenta sul mio viso….ne aveva il diritto…si era meritata quel premio.

Strinsi il cuore per farlo tacere e richiusi la dispensa…avevo perso l’appetito.

Lasciai scorrere l’acqua della doccia preparandomi per la notte e mentre mettevo piede all’interno…il telefonino squillò.

Sopra al letto continuava a suonare “sexy bomb” senza pause e mi tuffai su di esso come se da quello dipendesse la mia stessa vita.

-                     Pronto? – Il cuore mi batteva in petto come se volesse rispondere egli stesso.

-                     Ciao Francies…allora sei viva, si può sapere dov’eri finita? -
Tutta la mia gioia svanì…e il mio cuore deluso si rimise al suo posto.

-                     -Ciao Louis…sei tu! – Sospirai.

-                     Felice anch’io di sentirti cara…perdonami se oso disturbare la tua vacanza, ma sai…ho in mano tutto il tuo lavoro e…mi sembrava il caso di avvertirti delle novità…non credi?-

-                     Novità? Cosa succede Lu…ci sono problemi?-

-                     Non ho parlato di cose brutte….anzi…le vuoi sapere o sei troppo impegnata a piangerti addosso?-

    Louis ed io eravamo amici da anni e tutto ciò che possedevo era rappresentato da lui che presenziava pubblicamente tutte le manifestazioni e gli incontri con la clientela al posto mio, per non violare la mia privacy e il mio passato.

-                     Non essere antipatico ti prego….dimmi che succede! – Ero incuriosita.

-                     Tiffany vuole aprire un nuovo negozio interamente col tuo marchio…e proprio qui…a New York. Beh! Che ne dici? –

Rimasi in silenzio, consapevole di dargli una profonda delusione.
 In fondo era l’obiettivo che ci eravamo posti fin dall’inizio…il marchio come icona di un successo a lungo sognato.

 Non sentivo nulla…ma finsi di essere felice.

-                     Ma è bellissimo e quando l’hai saputo?-
La mia pausa non gli era passata inosservata e sebbene sentissi nella sua voce la nota interrogativa…finse quanto me…rimandando le domande a quando ci saremmo incontrati.

-                     Un’ora fa…e non stavo più nella pelle e così, mia dolcissima amica…ti ho chiamata. E’ quello che hai sempre voluto no?...Ora sarebbe ora di cogliere i frutti del tuo lavoro Darling…te la senti?-

-                     Non lo so Louis…pensi sia una buona idea?-

-                     Sei a casa vero? Sento il casino  della tua doccia che perde come una cascata…aspettami che vengo da te a festeggiare…arrivo. –

-                     -No senti io….- ma aveva già interrotto la comunicazione…era inutile, niente lo avrebbe fermato.

Mi rimisi in ordine i capelli bagnati e indossai una comoda tuta di almeno due taglie più grande. Ero pronta quando il campanello alla porta suonò e sorridendo all’idea della sua faccia, spalancai la porta e vi trovai un enorme fascio di Rose bianche e gialle che, come una folata di primavera, profumarono l’atrio di casa.

-                     Oh mio dio, ma sono bellissime! – Non riuscii a trattenere la risata che mi sorse spontanea quando il volto di quel mio folle socio gay apparve tra le spine che gli si conficcarono nelle guance.

-                     Ta taaa…ahi! –

-                     Dio mio Louis quanto sei scemo, ma lo sai che hai sbagliato mestiere vero? Il comico di teatro dovevi fare e a quest’ora saresti la Star. –

-                     Ti piacerebbe che mi togliessi di mezzo adesso eh? No mia cara…questa volta non mi lasci solo…ti ci trascino per i piedi se necessario…ma all’inaugurazione ci sarai anche tu…-

-                     -Entra prima che cambi idea e ti cacci via… su! – Lo tirai per il braccio costringendolo a seguirmi in casa.

Il completo di Armani che indossava era tutto fuorché eccentrico. Sebbene fosse un affascinante e stravagante personaggio conosciuto nel mondo degli affari per la sua tendenza omosessuale Louis non aveva mai perso l’etichetta, era sempre impeccabile nei suoi completi firmati e per quanto cercassi di ricordare non lo avevo mai visto se non vestito a quel modo.


Bellissimo come sempre lo vidi volteggiare per la stanza riponendo i fiori sul vaso in vetro soffiato che egli stesso mi aveva regalato per queste precise occasioni. Non sopportava il mio disamore per la casa e cercava invano di dare quel tocco di originalità ad un luogo che riteneva…invivibile.

-                     Mio Dio cara,  sembra che tu viva in una grotta….mi stupisco che ci sia l’acqua corrente a volte…quando pensi di andartene da questo orrore e di tornare alla vita?-

-                     Forse prima di quanto pensi…potrei sorprenderti! –

-                     Non vedo l’ora…nel caso avvertirò la stampa!-

-                     Dai finiscila e raccontami cosa è successo. – Mi misi sul divano a gambe incrociate, mentre Louis mimava il suo racconto come se stesse recitando il suo pezzo  sul palcoscenico di un teatro di Broadway.

-                     Capisci? Hanno voluto te e nessun’altro per questa loro idea…non sei felice? Mi raccomando non esternare troppo…potresti sgualcire la tua mise.-

-                     Hai finito di prendermi in giro? Sono appena tornata dalla California e sono un po’ sballata per la stanchezza…ok? Ho solo voglia di dormire…poi potrò tornare a ragionare lucidamente, ti prego…cerca di essere buono per una volta. –

-           OK ok…- prese la mia lima per le unghie e cominciò a sistemarsi qui e là le dita.

-            E’ davvero solo per questo? Mi sembri provata…ti è successo qualcosa?-

-           Non lo so Lou! Ho abbandonato questo pianeta per pochi giorni e ora che sono tornata…non mi sembra più lo stesso. –

-           Non ti ha richiamata vero?-

-           Ma che ne sai tu…che stai dicendo?-

-           Piccola! I motivi che ci fanno lasciare questo mondo sono soltanto due: del buon sesso e la morte. Ebbene sei qui tra noi…quindi….-

-           Santo cielo tu sei pazzo…io…-

-           Si, forse è così, ma conosco le vicissitudini della vita e quindi posso dire la mia. Vuoi parlarne per poi sentirti meglio…o preferisci cullarti nell’illusione di poter sempre superare i tuoi problemi da sola?…

-           Non è vero che non parlo mai….-

-           Ah no?-

-           NO!-

-           Allora dimmi chi ti ha ridotta così che gli faccio un monumento. Era ora che uscissi da questo buco infame  e respirassi un po’ d’aria pulita. Lo sai da quanto tempo non vedevi qualcuno?-

-           Falla finita Louis..-

-           Due anni..mia cara, due lunghissimi e fottutissimi anni di clausura che stavano per ridurti peggio di una larva…per fortuna la crisalide ti ha resa farfalla e ora non ti resta che volare….sei pronta?-

-           Non sapevo facessi uso di allucinogeni…le farfalle vedi adesso. –

-           Nasconditi si…continua a mettere la testa nel frigo ogni volta che ti viene voglia di vivere…alla fine ti ritroverai cicciona e troppo vecchia per tentare di vivere davvero. –

Mi seguì per la stanza mentre cercavo vie di fuga al fiume di dolorose verità che stava sciorinando senza alcuna pietà.

-                     Sei cattivo! – Mi costrinse a girarmi prendendomi per il gomito e guardandomi negli occhi…mi diede il colpo di grazia.

-                     Non è vero, io ti voglio bene e non ti permetterò di gettare altro tempo della tua preziosa vita a chiuderti in casa. Sappi che l’inaugurazione sarà tra soli tre giorni e che ti voglio con me, splendida e brillante come sei sempre stata prima di decidere di vivere da esule nella tua stessa terra. Ci saranno molti invitati di prestigio e la stampa farà gran scalpore dell’evento quindi domani esci e prenditi un abito strepitoso…perchè non voglio altri che te al mio fianco , ci siamo capiti?-

Lo guardai incapace di parlare, mentre un tremore mi scosse impedendomi di muovermi. Louis mi strinse forte cullandomi e in quel tepore piansi le mie antiche paure…lasciandole scorrere fuori da quella prigione interiore nella quale le tenevo relegate da troppo tempo. Sfogai la rabbia contro me stessa…contro i miei limiti…contro tutto ciò che avrei voluto essere e che mi impedivo di diventare. Alla fine rimasi soltanto io….pulita…vuota, ma infinitamente leggera. Tra le braccia dell’unico amico che avevo avuto in quegli ultimi anni, abbandonai ogni cosa che mi impedisse di essere serena …tutto il peso di inutili responsabilità che per molto tempo mi avevano soffocata e alzando lo sguardo lessi nei suoi occhi di esservi finalmente riuscita.

-                     Ok amico mio grande….ci sarò! Te lo prometto. –

La risata tra le  lacrime che ci vide protagonisti fin quasi soffocare…fu la più bella e importante di tutta la mia vita.