Capitolo 43 – Robert
Eravamo accoccolati tra le lenzuola a sussurrare i nostri pensieri, quando quel fastidioso squillo interruppe le nostre riflessioni.
Mi allungai verso il telefono accanto a me, sciogliendomi controvoglia dal tenero abbraccio che ci univa.
-Pronto? – La sorpresa di sentire la familiare voce dall’altra parte, mi fece sorridere.
- Robert, perdonami per l’ora…ma non potevo aspettare ancora per chiamarti. –
Mi accorsi della tensione celata nelle sue parole…ed ebbi per un istante l’impressione che stesse per dirmi qualcosa che avrei preferito non sentire.
- Victoria sei tu?...Ma come… - Non mi permise di continuare .
- Senti Rob, non so come dirtelo, quindi te lo dico e basta. Purtroppo papà si è sentito male…ed ora è all’ospedale. – Il sangue fluì a terra, lasciandomi dentro il gelo.
Mi sollevai sedendomi sulla sponda del letto. Faticavo a credere a quello che stavo sentendo.
-Ma cosa è successo…è il cuore?- Sperai che mi dicesse solo di un lieve malore.
- Era da tre giorni che armeggiava nella rimessa per fare spazio alla nuova auto che gli deve arrivare…eccitato come un bambino ha fatto sforzi che gli sono stati fatali…ed ha avuto un infarto Robert. – Mi accorsi delle parole rotte dal pianto.
- L’ho trovato io ieri sera…a terra, quasi congelato. La mamma non si era accorta di nulla ed ora è qui disperata, perché si sente in colpa di non averglielo impedito.-
Mi figurai mio padre solo…sentirsi male …riverso sul pavimento.
Per me era impossibile immaginare che potesse accadere una cosa del genere a quell’uomo che consideravo indistruttibile. Sapevo che il suo cuore aveva dato segni di stanchezza, ma non pensavo tanto da arrivare addirittura a fermarsi.
-Cosa ti hanno detto i medici?...Potrà tornare a casa presto?- Silenzio ….mi spaventai.
-Vicky…mi senti? Ci sei?- Un sospiro all’altro capo del telefono.
-E’ in terapia intensiva Rob…è privo di conoscenza da quando lo hanno portato via con l’ambulanza. Non so cosa stia succedendo, ma è molto grave. –
Faticavo a respirare, ma mi costrinsi al controllo, per non darle ulteriori preoccupazioni.
-Santo cielo… la mamma è lì con te? Come sta?-
-E’ veramente molto preoccupata…qui in ospedale ci dicono solamente di aspettare …e l’attesa è estenuante. Tutto quello che potevano, i medici l’hanno fatto…ora dipende tutto da Papà. – Sentivo nelle sue parole un’urgente richiesta di aiuto e il mio pensiero immediato fu di raggiungerla.
-Lizzy lo sa?-
-Si, l’ho chiamata poco fa ed è lei che mi ha detto dove avrei potuto trovarti…visto che al cellulare non rispondevi. Anticipa il rientro e prende il primo volo di stasera da Los Angeles…tu che fai? – Pochi istanti ed avevo deciso.
-Penso di tornare con lo stesso volo…ho ancora qualche giorno libero. Mi organizzo con lei e vi raggiungo.-
-Grazie. – In quel tono sommesso, lessi una nota di sollievo.
-Grazie a te per avermi avvertito subito. Ora mi occupo del mio rientro, tu però tienimi informato se ci sono novità. Terrò il telefono sempre acceso. Stai tranquilla che andrà tutto bene, il papà è una roccia e supererà anche questa. Dai un bacio alla mamma…ci sentiamo dopo. –
-Ok! Un bacio. –
- Ciao Viky. – Riappesi la cornetta, ancora frastornato dalla notizia.
Gli occhi a terra…mi sentivo svuotato.
Francies si era alzata e avvicinandosi a me non aveva detto una parola.
Sentii la sua mano accarezzarmi i capelli e sollevai lo sguardo per incontrare il suo che per un attimo mi alleviò della pena che sentivo stringermi il petto.
Appoggiai la fronte sul suo ventre e lei mi accolse abbracciandomi e tenendomi stretto…era tutto ciò che volevo …e lei lo sapeva.
Sorse nei miei occhi una lacrima inaspettata e vinto dagli eventi lasciai senza vergogna che scivolasse sul mio viso, ricadendo sulle sue mani strette intorno a me.
Non era soltanto per mio padre che mi sentivo così ed anche se mi rendevo conto di quanto fosse egoista il mio pensiero, non potei fare a meno di considerare che la partenza avrebbe significato allontanarmi da lei…e dal mio Paradiso ritrovato.
Sarei tornato a Londra ugualmente…ma il mio cuore voleva stare con Francies.
Si accucciò davanti a me ed io le avvolsi il viso tra le mani…guardando intensamente quegli occhi scuri nei quali era imprigionata la mia anima.
L’avevo creduta fragile…ed invece quello ad esserlo …ero io.
-Devo tornare a casa. Mio padre è in ospedale e la mia famiglia ha bisogno di me. Ancora non posso credere a quello che mia sorella mi ha appena raccontato, mi sembra impossibile. So di dover andare da loro…anche se …vorrei tanto poter stare qui con te. –
Sorrise…ed io gli posai un lieve bacio sulla fronte, stringendola poi al petto.
- Credo di sapere come ti senti…è capitato anche a me molto tempo fa. –
La guardai stupito.
-Tuo padre? – La vidi abbassare gli occhi e annuire.
Mi accorsi di non sapere nulla della sua vita…tranne il fatto che in lei vi fosse tutto ciò che avevo sempre sognato in una donna…e forse anche qualcosa di più.
-Non fu facile affrontare il periodo in cui rimase in coma all’ospedale, ma essere tutti uniti ci è stato di grande aiuto. Devi stare vicino a tua madre, ne avrà davvero bisogno. E vedrai che andrà tutto bene. -
Il conforto delle sue parole mi diede la conferma di non poter stare senza di lei nemmeno per un attimo e spontanea mi sorse un’idea.
- Vuoi venire con me a Londra? – La vidi sollevarsi lentamente e voltarsi verso la grande finestra . Scostò la tenda perdendosi con lo sguardo oltre il vetro.
- Non penso sia una buona idea. –
- Perché dici questo?- Non comprendevo il suo atteggiamento .
- Ci sono occasioni nella vita di ognuno di noi, nelle quali è preferibile non avere estranei intorno…e per quanto possa sembrarti ingiusto…devi affrontare la cosa da solo…dedicare tutte le tue energie alla tua famiglia ed io sarei soltanto un pensiero in più…e non voglio esserlo.-
Rimasi perplesso e alzandomi mi avvicinai…per poterla osservare meglio.
Gli occhi lucidi …evitava di guardarmi.
-Cosa è successo a tuo padre?- Lasciò ricadere la tenda e voltandosi si rivolse altrove.
- Non ce l’ha fatta! E quel che è peggio, io non ero lì con lui. – Sembrava parlare a sé stessa, il tono sommesso…quasi un sussurro, quasi volesse confessare una colpa tenuta nascosta per tanto tempo.
- Non puoi sentirti colpevole per questo, non sempre è possibile trovarsi nel posto giusto al momento giusto…non credi? – Mi guardò dritto negli occhi e vi lessi tutta la sua sofferenza.
- Amavo mio padre davvero molto, ma quel giorno rimasi accanto ad Andrew, allora il mio fidanzato, per un’occasione speciale che lo vedeva protagonista. Era la sua prima mostra in una galleria d’arte importante…era un pittore piuttosto rinomato, ricordo che litigai anche con mia madre per questo…pensa… e per stare con lui…abbandonai mio padre sul letto d’ospedale. Non me lo sono mai perdonato e quello che accadde in seguito, l’ho dimenticato…- Rimasi in attesa…
- Forse non servirà a niente essere presenti quando un tuo caro ha bisogno di te…ma sicuramente é molto importante per lui che tu ci sia…e che gli dia tutto il sostegno che puoi…perchè potresti non averne più l’occasione. Non voglio essere il motivo che ti terrà lontano da lui…nemmeno per un attimo.-
La strinsi forte, mentre dentro di me si rafforzava la stima che avevo di lei.
Ogni volta che mi rendeva partecipe dei suoi più intimi pensieri scoprivo che la profondità della sua anima e la grandezza del suo cuore erano immensi e non potevo non amarla ancora di più.
-Non ti costringerò a seguirmi se non lo vorrai…ma sappi che mi mancherai da morire e che penserò ugualmente a te in ogni istante in cui sarò costretto a starti lontano. –
Sollevò il volto e le nostre labbra suggellarono una tacita promessa che il tempo e la distanza, non avrebbero potuto mai scalfire.
Rimanemmo abbracciati , in silenzio …
…. Feci in modo che alle prime ore del pomeriggio tutto fosse pronto per la partenza e al momento di lasciarla sentii stringersi lo stomaco e l’aria liquefarsi nei polmoni quasi a soffocarmi…mentre il vuoto tornava ad impadronirsi di me.
- Angelo mio, ho dato disposizione che tu venga accompagnata alla villa di Malibù per prendere le tue cose…o per rimanervi se lo vorrai finché ne avrai voglia. Se Vuoi prendere la mia auto fallo pure…per qualsiasi altra cosa avrai Bill e Dolores a tua completa disposizione….- Ero pronto per uscire da quella stanza d’albergo nella quale avevo ritrovato me stesso, ma non ero preparato al dolore che provai…abbracciandola per l’ultima volta.
- Dimenticavo….scrivimi il tuo numero di telefono sul cellulare e appena arrivo all’aeroporto ti chiamo. – La vidi digitare le cifre direttamente sulla tastiera e passarmi poi il palmare che misi nella tasca del giubbotto.
- Ciao Robert…mi mancherai da morire. In bocca al lupo per tuo padre…-
La baciai un’ultima volta prima di avviarmi agli ascensori, ma quando la vidi sparire oltre la porta tornai indietro avvolgendola e sollevandola da terra. Non potevo lasciarla senza prima sentire il suo corpo diventare un tutt’uno col mio…e affondate le mani tra i suoi capelli di seta, la baciai a fondo …con urgenza…incapace di smettere…mentre sentivo lacerarsi ogni incertezza…e l’amai come si amano le occasioni perdute…i sogni infranti…le speranze ritrovate.
- Ti amo Francies…non dimenticarlo. – Annuì sorridendo.
- Ora vai tesoro…o farai tardi. Ci sarò in ogni momento, se ne avrai bisogno.-
Mi costrinsi a lasciarla e voltandomi per un ultimo saluto, mi impressi nella memoria quel suo tenero sorriso… che sarebbe stato mio compagno… per lungo tempo….