lunedì 25 aprile 2011

capitolo 43 - Robert

Capitolo 43 – Robert


Eravamo accoccolati tra le lenzuola a sussurrare i nostri pensieri, quando quel fastidioso squillo interruppe le nostre riflessioni.
Mi allungai verso il telefono accanto a me, sciogliendomi controvoglia dal tenero abbraccio che ci univa.
-Pronto? – La sorpresa di sentire la familiare voce dall’altra parte, mi fece sorridere.
- Robert, perdonami per l’ora…ma non potevo aspettare ancora per chiamarti. –
Mi accorsi della tensione celata nelle sue parole…ed ebbi per un istante l’impressione che stesse per dirmi qualcosa che avrei preferito non sentire.
- Victoria sei tu?...Ma come… - Non mi permise di continuare .
- Senti Rob, non so come dirtelo, quindi te lo dico e basta. Purtroppo papà si è sentito male…ed ora è all’ospedale. – Il sangue fluì a terra, lasciandomi dentro il gelo.
Mi sollevai sedendomi sulla sponda del letto. Faticavo a credere a quello che stavo sentendo.
-Ma cosa è successo…è il cuore?- Sperai che mi dicesse solo di un lieve malore.
- Era da tre giorni che armeggiava nella rimessa per fare spazio alla nuova auto che gli deve arrivare…eccitato come un bambino ha fatto sforzi che gli sono stati fatali…ed ha avuto un infarto Robert. – Mi accorsi delle parole rotte dal pianto.
- L’ho trovato io ieri sera…a terra, quasi congelato. La mamma non si era accorta di nulla ed ora è qui disperata, perché si sente in colpa di non averglielo impedito.-
Mi figurai mio padre solo…sentirsi male …riverso sul pavimento.
 Per me era impossibile immaginare che potesse accadere una cosa del genere a quell’uomo che consideravo indistruttibile. Sapevo che il suo cuore aveva dato segni di stanchezza, ma non pensavo tanto da arrivare addirittura a fermarsi.
-Cosa ti hanno detto i medici?...Potrà tornare a casa presto?- Silenzio ….mi spaventai.
-Vicky…mi senti? Ci sei?- Un sospiro all’altro capo del telefono.
-E’ in terapia intensiva Rob…è privo di conoscenza da quando lo hanno portato via con l’ambulanza. Non so cosa stia succedendo, ma è molto grave. –
Faticavo a respirare, ma mi costrinsi al controllo, per non darle ulteriori preoccupazioni.
-Santo cielo… la mamma è lì con te? Come sta?-
-E’ veramente molto preoccupata…qui in ospedale ci dicono solamente di aspettare …e l’attesa è estenuante. Tutto quello che potevano, i medici l’hanno fatto…ora dipende tutto da Papà. – Sentivo nelle sue parole un’urgente richiesta di aiuto e il mio pensiero immediato fu di raggiungerla.
-Lizzy lo sa?-
-Si, l’ho chiamata poco fa ed è lei che mi ha detto dove avrei potuto trovarti…visto che al cellulare non rispondevi.  Anticipa il rientro e prende il primo volo di stasera da Los Angeles…tu che fai? – Pochi istanti ed avevo deciso.
-Penso di tornare con lo stesso volo…ho ancora qualche giorno libero. Mi organizzo con lei e vi raggiungo.-
-Grazie. – In quel tono sommesso, lessi una nota di sollievo.
-Grazie a te per avermi avvertito subito. Ora mi occupo del mio rientro, tu però tienimi informato se ci sono novità. Terrò il telefono sempre acceso. Stai tranquilla che andrà tutto bene, il papà è una roccia e supererà anche questa. Dai un bacio alla mamma…ci sentiamo dopo. –
-Ok! Un bacio. –
- Ciao Viky. – Riappesi la cornetta, ancora frastornato dalla notizia.
Gli occhi a terra…mi sentivo svuotato.



Francies si era alzata e avvicinandosi a me non aveva detto una parola.
Sentii la sua mano accarezzarmi i capelli e sollevai lo sguardo per incontrare il suo che per un attimo mi alleviò della pena che sentivo stringermi  il petto.
Appoggiai la fronte sul suo ventre e lei mi accolse abbracciandomi e tenendomi stretto…era tutto ciò che volevo …e lei lo sapeva.
Sorse nei miei occhi una lacrima inaspettata e vinto dagli eventi lasciai senza vergogna che scivolasse sul mio viso, ricadendo sulle sue mani strette intorno a me.
Non era soltanto per mio padre che mi sentivo così ed anche se mi rendevo conto di quanto fosse egoista il mio pensiero, non potei fare a meno di considerare che la partenza avrebbe significato allontanarmi da lei…e dal mio Paradiso ritrovato.
Sarei tornato a Londra ugualmente…ma il mio cuore voleva stare con Francies.
Si accucciò davanti a me ed io le avvolsi il viso tra le mani…guardando intensamente quegli occhi scuri nei quali era imprigionata la mia anima.
L’avevo creduta fragile…ed invece quello ad esserlo …ero  io.
-Devo tornare a casa. Mio padre è in ospedale e la mia famiglia ha bisogno di me. Ancora non posso credere a quello che mia sorella mi ha appena raccontato, mi sembra impossibile. So di dover andare da loro…anche se …vorrei tanto poter stare qui con te. –
Sorrise…ed io gli posai un lieve bacio sulla fronte, stringendola poi al petto.
- Credo di sapere come ti senti…è capitato anche a me molto tempo fa. –
La guardai stupito.
-Tuo padre? – La vidi abbassare gli occhi e annuire.
Mi accorsi di non sapere nulla della sua vita…tranne il fatto che in lei vi fosse tutto ciò che avevo sempre sognato in una donna…e forse anche qualcosa di più.
-Non fu facile affrontare il periodo in cui rimase in coma all’ospedale, ma essere tutti uniti ci è  stato di grande aiuto. Devi stare vicino a tua madre, ne avrà davvero bisogno. E vedrai che andrà tutto bene. -
 Il conforto delle sue parole mi diede la conferma di non poter stare senza di lei nemmeno per un attimo e spontanea mi sorse un’idea.
-           Vuoi venire con me a Londra? – La vidi sollevarsi lentamente e voltarsi verso la grande finestra . Scostò la tenda perdendosi con lo sguardo oltre il vetro.
-           Non penso sia una buona idea. –
-           Perché dici questo?- Non comprendevo il suo atteggiamento .
-           Ci sono occasioni nella vita di ognuno di noi, nelle quali è preferibile non avere estranei intorno…e per quanto possa sembrarti ingiusto…devi affrontare la cosa da solo…dedicare tutte le tue energie alla tua famiglia ed io sarei soltanto un pensiero in più…e non voglio esserlo.-
Rimasi perplesso e alzandomi mi avvicinai…per poterla osservare meglio.
Gli occhi lucidi …evitava di guardarmi.
-Cosa è successo a tuo padre?-  Lasciò ricadere la tenda e voltandosi si rivolse altrove.
- Non ce l’ha fatta!   E quel che è peggio, io non ero lì con lui. – Sembrava parlare a sé stessa, il tono sommesso…quasi un sussurro, quasi volesse confessare una colpa tenuta nascosta per tanto tempo.
- Non puoi sentirti colpevole per questo, non sempre è possibile trovarsi nel posto giusto al momento giusto…non credi? – Mi guardò dritto negli occhi e vi lessi tutta la sua sofferenza.
- Amavo mio padre davvero molto, ma quel giorno rimasi accanto ad Andrew, allora il mio fidanzato, per un’occasione speciale che lo vedeva protagonista. Era la sua prima mostra in una galleria d’arte importante…era un pittore piuttosto rinomato, ricordo che litigai anche con mia madre per questo…pensa… e per stare con lui…abbandonai mio padre sul letto d’ospedale. Non me lo sono mai perdonato e quello che accadde in seguito, l’ho dimenticato…- Rimasi in attesa…
- Forse non servirà a niente essere presenti quando un tuo caro ha bisogno di te…ma sicuramente é molto importante per lui che tu ci sia…e che gli dia tutto il sostegno che puoi…perchè potresti non  averne più l’occasione. Non voglio essere il motivo che ti terrà lontano da lui…nemmeno per un attimo.-
La strinsi forte, mentre dentro di me si rafforzava la stima che avevo di lei.
Ogni volta che mi rendeva partecipe dei suoi più intimi pensieri scoprivo che la profondità della sua anima e la grandezza del suo cuore erano immensi e non potevo non amarla ancora di più.
-Non ti costringerò a seguirmi se non lo vorrai…ma sappi che mi mancherai da morire e che penserò ugualmente a te in ogni istante in cui sarò costretto a starti lontano. –
Sollevò il volto e le nostre labbra suggellarono una tacita promessa che il tempo e la distanza, non avrebbero potuto mai scalfire.
Rimanemmo abbracciati , in silenzio …
 …. Feci in modo che alle prime ore del pomeriggio tutto fosse pronto per la partenza e al momento di lasciarla sentii stringersi lo stomaco e l’aria liquefarsi nei polmoni quasi a soffocarmi…mentre il vuoto tornava ad impadronirsi di me.
-                     Angelo mio, ho dato disposizione che tu venga accompagnata alla villa di Malibù per prendere le tue cose…o per rimanervi se lo vorrai finché ne avrai voglia.  Se Vuoi prendere la mia auto fallo pure…per qualsiasi altra cosa avrai Bill e Dolores a tua completa disposizione….- Ero pronto per uscire da quella stanza d’albergo nella quale avevo ritrovato me stesso, ma non ero preparato al dolore che provai…abbracciandola per l’ultima volta.
-                     Dimenticavo….scrivimi il tuo numero di telefono sul cellulare e appena arrivo all’aeroporto ti chiamo. – La vidi digitare le cifre direttamente sulla tastiera e passarmi poi il palmare che misi nella tasca del giubbotto.
-                     Ciao Robert…mi mancherai da morire. In bocca al lupo per tuo padre…-
La baciai un’ultima volta prima di avviarmi agli ascensori, ma quando la vidi sparire oltre la porta tornai indietro avvolgendola e sollevandola da terra. Non potevo lasciarla senza prima sentire il suo corpo diventare un tutt’uno col mio…e affondate le mani tra i suoi capelli di seta, la baciai a fondo …con urgenza…incapace di smettere…mentre sentivo lacerarsi ogni incertezza…e l’amai come si amano le occasioni  perdute…i sogni infranti…le speranze ritrovate.
-                     Ti amo Francies…non dimenticarlo. – Annuì sorridendo.
-                     Ora vai tesoro…o farai tardi. Ci sarò in ogni momento, se ne avrai bisogno.-
Mi costrinsi a lasciarla e voltandomi per un ultimo saluto, mi impressi nella memoria quel suo tenero sorriso… che sarebbe stato mio compagno… per lungo tempo….

giovedì 21 aprile 2011

capitolo 42

Capitolo 42 – Francies



La tenerezza di Robert, che come una soffice coperta mi aveva avvolta fino al momento della festa, sembrava improvvisamente dissolta nel nulla e l’uomo che avevo ora davanti non sembrava essere più lo stesso.
Fuori controllo e accecato di gelosia, muoveva i suoi gesti guidato esclusivamente da lucida follia, che impediva lui di vedere quanto erronee fossero le sue affrettate conclusioni.
Nonostante la sfiducia di lui mi ferisse, ero affascinata da questa sua durezza..da questo impeto, che lo spingeva a cercare di forzare le mie difese, peraltro inesistenti fin da quando lo avevo incontrato.
 Combattuto da sentimenti altalenanti lo vedevo confuso su quali fossero i suoi intendimenti, e se da una parte desiderava punirmi di averlo quasi sfidato mettendomi tra le braccia di un altro uomo, dall’altra non desiderava altro che  riprendere quel posto che l’amore aveva scelto di offrirgli per diritto, accanto a me.
Come una spettatrice, rimasi a guardare l’evolversi di  quella lotta interiore, mentre nel suo cuore si compiva quel percorso che lo avrebbe condotto a scoprire la verità.
Attendevo quel momento cercando di assecondare i suoi gesti, senza per questo arrendermi e dargliela vinta.
 Se il suo cuore fosse stato quello prescelto per accogliere il mio, l’esito sarebbe potuto essere uno soltanto.
La rabbia e il desiderio che combattevano senza pause la loro battaglia, lo avevano trasformato ai miei occhi come una divinità….bellissimo e sensuale si muoveva come un felino in gabbia, i muscoli si contraevano disegnando il suo torace scultoreo e nei suoi splendidi occhi verdi ,brillava quella scintilla di consapevole follia che accompagna il predatore prima di scagliarsi sulla sua preda.
Avrei dovuto contrastare questo suo atteggiamento violento, ma ero eccitata da quell’animale che albergava in lui desideroso di scatenarsi e preferii esplorare le sue reazioni, tentandolo con le armi che la natura mi aveva donato.
Niente è più eccitante di vedere un uomo consumarsi di desiderio per la propria donna ….e riuscire ad abbattere quel muro di orgoglio maschile che vorrebbe vederla strisciare ai suoi piedi, è una sfida allettante…anche per la più puritana delle donne.
Calata nel mio ruolo di seduttrice, rimasi sorpresa di come la cosa mi riuscisse naturale e di quale fosse l’effetto su di lui, incapace via via di trattenersi… fino ad esplodere, investendomi come un fiume in piena.
Non appena si era avvicinato, facendo aderire il suo corpo al mio, si era accesa in me quell’irrefrenabile passione che solo il contatto di lui riusciva a  scatenare e travolta da quel desiderio di averlo dentro di me, avevo lasciato cadere ogni velo di pudore e mi ero mostrata vestita soltanto  della mia femminilità…sentendomi libera come non lo ero mai stata.
 Robert era un uomo stupendo, sia nell’aspetto che nell’animo… e non avevo alcun timore che anche la sua mente, velata dai fumi di quel sentimento insano, ritrovasse la giusta angolazione dalla quale osservare le cose che erano successe.
Tutte le debolezze che ogni giorno scoprivo in lui, non facevano che aumentare quell’amore che, intenso, devastante e smisurato…si rafforzava gonfiandomi il petto e mettendo radici dentro al mio cuore.
Tutto avevo potuto nella mia vita…tranne sottrarmi al dolce piacere di quel sentimento nato spontaneamente.
Mi aveva gettata nel letto dopo aver cercato in ogni modo di tentare alla mia dignità…senza riuscirvi…anzi rendendola ancora più forte…tenace…ed io fiera mi ero sollevata sulle ginocchia avvicinandomi a lui che, in piedi…le mani a tormentarsi i capelli ed il volto, mi guardava con uno sguardo ambiguo…dentro al  quale leggevo i primi segni di cedimento.
Lo desideravo…le sue mani sul mio corpo…la sua bocca morbida a tormentare le mie labbra, la mia pelle, sfiorando punti nascosti del quale ignoravo l’esistenza e che mi facevano volare in alto, oltre tutte le mie futili paure.
Mi sentivo cambiata.
Più forte , decisa …più donna e sapevo che ciò che volevo …era lui.
Sciolsi quel laccio che gli stringeva la vita…decisa a prendermi la mia rivincita…pur sperando di ritrovare poi in lui, il tenero amante del quale mi ero innamorata e che sembrava scomparso…dietro a quei suoi gesti di sfida.
Sollevai lo sguardo su quel volto acceso…su quel lago di solitudine celato nei suoi occhi… che sembravano riflettersi come gemelli nei miei….e sorrisi ...leggendovi le mie stesse paure.
Come se i nostri cuori avessero iniziato il loro dialogo muto, Robert cambiò subito espressione e  si stese nel letto raccogliendomi sopra di lui e stringendomi forte…quasi avesse timore di perdermi.
In quel tenero frangente…le flebili note del “chiama angeli” che avevo al collo si fecero sentire, quasi volessero ricordarci quali fossero le reali ragioni che ci vedevano ancora lì…uno perso tra le braccia dell’altro..a cercare  conforto.
Fu in quell’attimo che gli si rivelò quello che il suo cuore stava disperatamente cercando di capire e vidi dissolversi nei suoi occhi quelle ombre che prima li velavano, ritrovando la purezza di un sentimento unico e ineguagliabile…l’amore.
-Angelo mio….- La sua voce fu come un balsamo per l’anima…appena sussurrata tra un bacio e una carezza.
Fui travolta da emozioni che non avevo mai provato e che stentavo a contenere, incapace di credere fossero reali…
Robert si muoveva su di me sfiorandomi e accarezzando ogni millimetro della mia pelle…facendo si che mi perdessi in quell’universo di dolcezza e Paradiso.
Le sue mani sembravano conoscere ogni mio desiderio e ad ogni tocco di quelle delicate dita, il mio corpo vibrava rispondendo allo stesso modo.
Gli donai tutto di me…sicura ora più che mai che fosse la cosa giusta.
Sentivo le sue labbra scorrere ...quasi volesse nutrirsi del mio profumo e lente lambivano ogni piega della mia pelle, baciandola e solleticandola con quella lingua…che si insinuava curiosa …facendomi perdere il contatto con la realtà.
Entrammo in una dimensione che apparteneva a noi due e che le parole soltanto...non avrebbero potuto raccontare in alcun modo.
Naufragai in quell'oasi...dimenticando ogni timore...perché ci era stato fatto un dono immenso...ed era nostro dovere viverlo fino in fondo.
Quando lo sentii scivolare dentro di me...toccai l'apice  della beatitudine...e nel divenire una cosa sola...seppi che sarebbe stato per sempre.
La notte fu lunga e indimenticabile e ci trasportò oltre quel limite che a pochi è dato di conoscere…e il mattino seguente… tutto tra di noi …era cambiato.
Risvegliandomi all’alba tra le sue braccia mi ritrovai a condividere quell’attimo di smarrimento…che la consapevolezza di quel che era accaduto provocava in entrambi….e dopo un timido sorriso ed un bacio…ci raccontammo molti dei nostri segreti più intimi … finché la luce del Sole splendente alla  finestra ci costrinse a tornare sulla Terra.
Lo squillo del telefono … annunciò  la fine del sogno.
-           Pronto? – Lo vidi sorridere …
-           Victoria sei tu?...Ma come….- si interruppe e lentamente impallidì…
I timidi raggi di Sole si dissolsero dietro una coltre di nubi…ed io in silenzio…rimasi in attesa del mio destino…

mercoledì 13 aprile 2011

capitolo 41

Capitolo 41 - Robert



Camminavo spedito verso la stanza, trascinando Francies con me…con l’urgenza di restare solo con lei e di dirle tutto ciò che stavo trattenendo da quando avevamo lasciato la festa.
 Emozioni altalenanti mi stavano rendendo una belva e mentre da un lato volevo urlarle tutta la rabbia che covavo per il suo comportamento, dall’altra la desideravo così ardentemente da sentirmi soffocare.
Mi aveva sfiorato, eccitato, si era divertita a giocare con me e per un istante avevo stentato a riconoscerla, ma ogni cosa nuova che scoprivo di lei non faceva che aumentare il mio desiderio di averla tutta per me e scoprivo mio malgrado di non poterne fare a meno …non più.
La sua bocca che mi sfiorava….non riuscivo a togliermela dalla testa…
la sua pelle accaldata sul mio petto …la sua lingua a lambire zone nascoste , mi tormentavano dandomi alla testa ed aumentando quella furia che, fomentata dalla gelosia, urlava vendetta dentro di me.
Ero deciso a dirle il fatto suo e sbattendo la porta con forza, la lasciai in mezzo alla stanza allontanandomi da lei ..agitato... incapace di stare fermo.
Francies mi guardava senza dire niente.
 Le mani posate ai fianchi, i capelli scomposti a incorniciarle il viso acceso…selvaggia…viva…gli occhi puntati su di me…sfrontata.
L’abito sgualcito, quasi incollato al suo corpo morbido ne metteva in evidenza le curve piene e sinuose…

Sei bellissima, maledizione!

La desiderai… e nascosi il volto volgendo lo sguardo altrove…
Infilai le dita tra i capelli e stringendoli forte chiusi gli occhi fino a farmi male, per poi tornare a guardarla,incapace di staccarle gli occhi di dosso.
 Sfiorando il suo profilo rivestito di seta, mi balenarono nella mente le immagini di lei tra le braccia di quel cubano che le aveva fatto da compagno….i loro corpi a stringersi, senza pudori, davanti a tutti…e quella mano di troppo su di lei.
 Esplosi senza freni, urlando fuori la mia collera.

- Si può sapere che cazzo stavi facendo con quello lì?-

 La vidi sobbalzare sorpresa, non si aspettava che alzassi la voce e la cosa a dire il vero sorprese anche me.

-Ti prego Rob, sei ridicolo,  stavo solo ballando...non credi di esagerare? –

 Il tono basso tranquillo, come se volesse ignorare il mio stato d’animo.

- Cristo Santo Francies, ti avevo appena confessato il mio amore e tu subito dopo ti sei buttata tra le braccia di quell’idiota palestrato…senza….senza un minimo di rispetto per me. Ti ha messo le mani addosso e io ero lì a guardare. Ma come credi ci si senta eh?...Volevi che ti applaudissi pure? Dimmelo…perchè proprio non riesco a capire!-

La fissavo in attesa di risposta…mentre lei impassibile andò ad appoggiarsi con la schiena alla parete… togliendosi poi le scarpe e gettandole di lato.

-Diego è solo un amico e mi sembrava che la cosa fosse evidente…inoltre…-

Non la lasciai finire…

- E inoltre cosa…mancava che ti infilasse la lingua in bocca ed il quadretto era completo…ma dico…davvero non ti sei resa conto di niente?-

Continuavo ad urlare fuori di me, gesticolando e cercando invano una sigaretta nelle tasche.

 Mi strappai di dosso ciò che restava della mia camicia… e imprecando la scaraventai a terra. Continuavo a sudare, mentre l’ansia di possederla..non mi dava tregua…ero fuori controllo…
  Mi voltai di nuovo a guardarla….un richiamo irresistibile…quella pelle ambrata…quella bocca piena e sensuale…
Fissò lo sguardo su di me, poi lasciò cadere indietro la testa e chiuse gli occhi, esponendo il tenero profilo del collo, disegnato ad arte su quel corpo da sogno.

- Robert, la Salsa è tutto questo... e ciò che hai visto stasera lo abbiamo ballato ad un concorso qualche anno fa. Diego è un gentiluomo ed è un professionista in questa disciplina e come tu dovresti aver capito, stavamo solo recitando  e da quel che vedo…lo stavamo facendo anche molto bene. –

Fui spiazzato per un breve istante da quelle parole, ma durò poco... la gelosia ebbe subito la meglio e fatti quei pochi passi che ci dividevano, la inchiodai alla parete premendola col mio corpo e dando un pugno al muro mi trovai col viso ad un soffio dal suo, ansante, fuori di me…e follemente eccitato.

      -  Stai dicendo che le sue mani si trovavano sul tuo posteriore per   esigenza…. di “ copione”?-

 Sputavo le parole di bocca senza nemmeno comprendere quel che stavo dicendo, perché nel momento in cui avevo sentito il suo corpo caldo aderire al mio…non avevo capito più niente.
 La mia mano era scesa istintivamente su di lei scivolando sulle sue curve fino a comprimere le soffici rotondità che mi rendevano pazzo.
L’afferrai con entrambe le mani premendola forte su di me e sulla mia eccitazione che pulsava insistente, da quando in auto aveva voluto istigarmi coi suoi giochetti.
Mi avvolse all’istante le braccia intorno al collo aggrappandosi ai capelli possessiva, ansimante, mentre le nostre bocche si nutrivano del respiro dell’altro, come nettare afrodisiaco a risvegliare i nostri sensi.
La sentivo gemere al tocco delle mie mani e quel mugolio sommesso era il suono più erotico che avessi mai sentito, ma non avevo ancora ceduto alla sua bocca….aggrappato inutilmente al mio stupido orgoglio.
Il ginocchio a strusciare sulla mia gamba, lenta…sensuale…invitante, mentre ormai al limite delle mie difese desideravo soltanto morire in lei.
 Artigliai quel ginocchio stringendolo al fianco , comprimendola poi alla parete perché sentisse l’effetto che mi faceva la sua audacia.
Forte. ..deciso…la sollevai quasi da terra...morendo dalla voglia di entrare in lei.

- Tu sei pazzo…lo sai che ti amo da morire, vero?. –

 Le sue parole sussurrate sulle labbra…mordermi il profilo con le sue…e fuggire poi a pochi centimetri, costringendomi ad inseguirla.

 – Dimostramelo! –  Gli ordinai…

Le sollevai il viso tirandole i capelli, ero folle e costringendola ad obbedirmi affondai la bocca sulla sua che ansimante reclamava il suo premio.
Il sapore dolce della sua lingua mi accolse generoso ed esplorai quella fonte di piacere mordendo e leccando…nutrendomi di lei.
 Spinsi a fondo il bacino sulla sua morbida carne e il suo gemito, soffocato dal mio bacio…fu per me la fine.
La sollevai da terra portandomi le gambe sui fianchi e la strinsi mordendole il collo e seguendo con la lingua il profilo fino al seno che premeva eccitato sotto la sottile stoffa.

   - Ti prego Robert….ah!! –

Gemeva ad ogni spinta, in un immaginario amplesso e nella mia testa…ero già perso dentro di lei.
   Non cedetti… Volevo che mi supplicasse…lo esigeva il mio orgoglio di maschio ferito.

   - Non credo proprio… troppo facile…-

Le spalline dell’abito scivolarono lungo le braccia, scoprendo la soffice e delicata pelle del suo seno perfetto che stupendo danzava davanti ai miei occhi ipnotizzandomi.
Guizzai veloce la lingua sul capezzolo eccitato, che invitante chiedeva di essere soddisfatto...
Dolce e soffice lo raccolsi in bocca succhiandolo avidamente, mentre senza pudori lei godeva di quel tocco...

Non così...dovrai meritartelo...

Staccai le labbra da quel frutto proibito trattenendone la punta tra i denti...lei gemette...io con lei...
 Puntai gli occhi nei suoi, mentre le mie dita sfioravano leggere come piume le sue spalle e la schiena nuda.
Le sue labbra tremavano a quello sfioramento e infliggevano altra sofferenza  al mio bisogno di possederla...sempre così donna, femmina sensuale …tanto da sentirmi male.
Raggiunsi il sottile pezzo di stoffa che copriva a malapena la sua intimità...completamente imbevuto degli umori dell'eccitazione..il cui odore saliva a riempirmi la testa di sesso.

Splendida...arrogante..mi sfidò sbuffandomi un ghigno in faccia.
Raccolsi quel sottile tratto di tessuto e stringendolo tra le dita glielo strappai di dosso...lasciandola basita...
Le portai al viso inspirando quell'odore familiare ...gettandolo poi alle mie spalle.

- Sai di buono...-
         Oddio, ma tu sei pazzo.. sei…-
         Lo sono sì...ed è soltanto colpa tua...-
        
Faticai a riconoscere me stesso.
La vidi allungarsi sollevando le braccia…e strusciando il corpo alla parete fece scivolare l’abito che giaceva informe sui suoi fianchi….un fruscio e fu a terra, lasciandola completamente nuda….
Languida mi tentava in ogni modo…sguardi, sorrisi accennati.
Mi avvicinai...le mie dita a scorrere su quel corpo dorato…leggere…curiose…fino a raggiungere quel perfetto triangolo di paradiso, esplorando lieve le cavità sature di umori che mi bagnarono le dita, risvegliando in me la belva.
Scostai appena le sue grandi labbra e risalendo quel sentiero di piacere trovai quello che stavo cercando…
La mia bocca ad un soffio dalla sua, i miei occhi eccitati conficcati nei suoi a tenerli prigionieri.
La volevo guardare, mentre le davo piacere…volevo respirare le sue parole eccitate, quando mi avrebbe implorato di darle di più.
Appoggiò le mani sul mio petto, aggrappandosi e graffiandomi con le unghie, mentre torturavo leggero quel punto di lei che avevo voglia di sentire in bocca.
Scesi a raccogliere sulle dita quel nettare e sprofondai nella morbida cavità che pulsante richiedeva di essere soddisfatta.
Scivolai a fondo…deciso…senza respiro, mentre chiudendo gli occhi e stringendomi forte…gemeva fino quasi ad urlare.
Ero perso a guardare il suo volto contratto dal piacere, quelle smorfie quasi di dolore che erano per me l’inferno…ascoltavo le note dei lamenti che uscivano dalle sue labbra umide ed eccitanti e andavo in delirio, amandola per l’erotismo che emanava da ogni fibra del suo essere.
Sentii le sue gambe cedere agli spasmi e raccolta tra le braccia la condussi in camera quasi gettandola sul grande letto.
Volevo fosse mia, soltanto mia e dopo quella notte, non mi avrebbe più dimenticato.
Feci per stendermi accanto a lei, ma mi fermò …
Si avvicinò gattonando sulle lenzuola e fissandomi, a labbra schiuse , sciolse la cintura dei miei pantaloni, facendola scorrere lungo i passanti e gettandola a terra.
Lasciai che mi sfilasse i pantaloni e che mi liberasse finalmente da quella prigione che ancora mi comprimeva dolorosa.
 Le sue labbra a cercarmi…le sue mani a sfiorarmi…
Sollevò lo sguardo e  il suo sorriso intenerì il mio cuore.



Ero stanco di portare avanti quel gioco, volevo solo perdermi in lei, ritrovare quella pace e quel benessere che solo tra le sue braccia riuscivo a provare.
Mi mancava la sua dolcezza, la tenerezza che leggevo nel suo sguardo quando facevamo l’amore, i nostri corpi allacciati come in un puzzle perfetto, unico.
Raccolsi il suo volto tra le mani e sollevandola la baciai teneramente.
Mi misi accanto a lei stendendola sopra di me e  la strinsi forte.
Il pendente a cuore appeso al collo, muto fino a quel momento, disperse le sue note intorno a noi…e compresi quanto mi fossi sbagliato su tutto…spinto da un sentimento che ancora non sapevo gestire e che ora mi sembrava sciocco ed assurdo.
 Lei era la ragione per la quale avevo ritrovato il sorriso…meritava tutto il mio amore ed io avevo un  bisogno disperato del mio angelo…senza il quale non ero niente.
Lessi nei suoi occhi scuri come la notte che aveva compreso ogni cosa…che aveva lasciato che ci arrivassi da solo…e che mi amava ugualmente…anche dopo la sciocchezza che stavo per fare rivolgendomi in quel modo a lei.
Era una donna stupenda…e non desiderai niente di più.
I nostri gesti ripresero ad amare…e incontrando le sue labbra…ritrovai la strada di casa….

lunedì 11 aprile 2011

capitolo 40

Capitolo 40 - Francies




Ero rimasta senza parole incontrando quello sguardo duro che sembrava volesse punirmi di una colpa che non mi sentivo di aver commesso.
Mi ero lasciata andare tra le braccia di Diego che sapeva esattamente come muoversi accanto a me e che con il suo fascino sfrontato mi costringeva quasi a sfidarlo in quella danza.
Mi rendevo conto soltanto ora che quei movimenti  potessero sembrare altro, per chi non ci conosceva bene…e che avessero risvegliato quella reazione eccessiva di Robert.
Era rigido, accanto a me…seduto sul profondo sedile in pelle della limousine che ci stava portando spedita verso l’albergo…una mano appoggiata sulla gamba a contorcere il tessuto dei pantaloni e l’altra a tormentare le labbra, appoggiandosi col gomito al finestrino, dal quale sembrava non volesse più togliere gli occhi.
La soffice peluria del suo petto spuntava in controluce dalla camicia aperta fino alla cintura, della quale non si curava… e che per me era uno spettacolo sensazionale.
Mi eccitava saperlo geloso e, nonostante Diego per me fosse stato solo un fratello, non mi andava di giustificarmi per una cosa della quale non avevo colpa e lo lasciai ribollire in quei sordidi pensieri che a tratti passavano come un’ombra nei suoi occhi adirati.
Ancora accaldata sollevai il bordo della lunga gonna afferrandone il lembo e portandolo davanti al viso lo sventolai per rinfrescarmi un po’.
 Ad ogni movimento le mie gambe rimanevano scoperte e le accavallai per aumentare l’effetto e risvegliare in lui un po’ di interesse.
 Si permise uno sguardo fugace, per poi tornare al suo finestrino.
 Ero lusingata dal fatto che la gelosia per me lo divorasse…ma non intendevo stare al suo gioco o trovare giustificazioni per una simile sciocchezza e cercai di avvicinarlo per vedere la sua reazione.
-         Fa veramente caldo stasera…non trovi?-
Sollevai i capelli gettandoli indietro e usando le mani come ventagli cercai conforto sul volto ancora sudato.
Non disse nulla…solo un breve cenno con la coda dell’occhio per tornare ad inabissarsi poi nel buio oltre quel vetro.
Era deciso a starmi lontano…ma non potevo permetterlo…non dopo quella serata magica durante la quale avevamo dichiarato uno all’altra i nostri sentimenti più intimi.
Mi portai accanto a lui avvicinandomi all’orecchio e sussurrai poche parole…cercando di eccitarlo.
    - Ehi…ti sei forse dimenticato di me?-
 Sfiorai il profilo del suo collo con la punta delle dita…scendendo poi dalla gola al centro del petto, che sodo e umido di sudore, emanava un effluvio di aromi che  mandava in estasi le mie già limitate difese.
 Quel ballo mi aveva resa audace…e come una droga mi incitava a superare quel limite oltre il quale di solito non mi spingevo mai.
Continuai la tortura esplorando le soffici aureole dei suoi capezzoli e sempre leggera e volutamente sensuale li stuzzicai fino a sentirli reagire sotto le dita.
Un lamento sfuggì alle sue labbra appena schiuse…e seppi di aver aperto un varco tra le mura della fortezza dietro la quale si era barricato.
Fece per scostarsi…sistemandosi meglio sul sedile, ma scivolando sulla fredda pelle sulla quale era seduto, premette ancor di più sul palmo della mia mano aperta che strinsi facendo presa sul suo pettorale.
 Si voltò puntando gli occhi dentro ai miei…duri…eccitati e maledettamente sexy. Le labbra schiuse e umide vibravano di un colore roseo che accese i miei sensi…accelerando il battito.
 Avvicinai le mie labbra alle sue calde ed invitanti, ma quando fece per accoglierle  mi allontanai…sospirando in modo che sentisse quanto la cosa mi eccitasse. Era tutta la sera che sfuggivo volutamente quella bocca…sicura che una volta soddisfatta quella bramosia… ne avremmo goduto di più il premio.
Non disse nulla…rimanendo con gli occhi puntati sulla mia bocca sulla quale feci scorrere la lingua bagnata ritrovando l’indole sensuale della donna che ero.
Volevo stimolare la sua curiosità…eccitarlo senza che riuscisse a toccarmi...farlo impazzire e vederlo godere, perchè per me il massimo era portarlo all’apice di quella sofferenza per poi soddisfarla.
Disinibita dal buio intorno a noi che velava il mio viso ed i miei gesti, mi feci più ardita e sollevando il vetro che divideva i sedili davanti dalla zona passeggeri…isolai l’abitacolo da tutto…decisa a farlo mio.
Protetta da occhi estranei tornai al suo fianco e scivolando di lato mi inginocchiai di fronte a lui…affrontandolo a viso aperto.
Volevo mi guardasse, mentre cercavo di dargli piacere…volevo che fremesse sotto il tocco delle mie mani…dei miei baci…e di tutto ciò che avevo in serbo per lui.
Rimase immobile…le mani appoggiate in grembo a nascondere un’erezione che premeva sotto la stoffa leggera del suo elegante abito.
Dio com’era bello…lì…nella penombra…i capelli ribelli ad incorniciare quel volto dallo sguardo demoniaco e quel petto pulsante che seguiva, sollevandosi, gli ansimi del suo respiro irregolare.
 Mi allungai su di lui, bene attenta a sfiorargli solamente il volto…giocando lentamente con la punta del naso e della lingua sulle curve erotiche dei suoi lineamenti marcati .
Sentivo il profumo della sua pelle calda e sudata mescolarsi a quello della  mia eccitazione, in un’alchimia che il solo contatto dei nostri corpi generava e mi accesi…desiderandolo ancora di più.
 Scesi sul collo, mentre lui rigido gettava indietro la testa per ritrarsi…non glielo permisi e sollevandomi di più affondai sulla molle e soffice pelle alla base del collo, leccando quel sapore del quale non vedevo l’ora di nutrirmi.
Il gemito gutturale che fuoriuscì dalla sua gola mi spinse a continuare la tortura e scesi lenta su quel petto disegnato, a misurarne le distanze mordicchiandone i contorni…era stupendo….bollente…e mio.
 Sentivo il petto sollevarsi ritmicamente e fremere quando sfioravo qualche punto più sensibile di altri e gioivo di ogni mio successo, quando incapace di trattenersi lo sentivo gemere.
Insisteva nel suo forzato silenzio e senza reagire lasciava che mi muovessi liberamente su di lui.
Scesi a mordere quelle mani che nascondevano il prezioso frutto della sua passione e facendo una leggera pressione lo costrinsi a spostarle e a lasciare esposta quella parte di lui che intendevo scoprire.
Alzai gli occhi sfidandolo a negarsi…ma anche se tentato si trattenne…e respirando a fatica..stringendo forte le mascelle serrate…attese inerme l’evolversi degli eventi. Forse voleva vedere fino a che punto sarei arrivata…o intendeva soltanto godere di quel tocco, senza porsi altri quesiti… non gli avrei permesso di ignorami e alla fine l’avrei costretto a chiedermi di più…se lo voleva veramente.
Sorrisi nel buio…sicura che se ne sarebbe accorto e che la cosa lo avrebbe infastidito, ma ancora non si mosse ed anzi si sistemò più comodamente, sollevando il bacino e lasciandolo scivolare un po’ in avanti sul sedile.
 Fu un invito al quale non seppi resistere e appoggiai le mani sulle sue cosce tese e leggermente divaricate, artigliando la stoffa che grattò sotto le unghie che disegnavano il breve sentiero verso la perdizione.
Quel movimento di bacino era stato fatale…ed il sottile filo che mi teneva legata alla ragione si era irrimediabilmente spezzato…liberandomi da ulteriori indugi.
Non riuscivo a creder di sentirmi a quel modo…pazza di desiderio tanto da non riuscire quasi a gestirlo, non con lui….non in quel  momento, ma il suo silenzio ostentato contribuiva a farmi sentire tale.
Appoggiai la mia mano su quel volto che adoravo…cercando a quel modo di ledere il suo orgoglio e raggiungere il suo cuore.
Aveva sempre amato quel semplice gesto, ma rimasi delusa quando voltando la faccia altrove, la lasciò scivolare in basso.
Non credevo davvero di meritare un trattamento simile…non lo accettavo.
Feci per sollevarmi sulle ginocchia quando lo sentii afferrarmi il polso portandosi la mia mano al petto.
 Potevo sentire il palpito insistente del suo cuore affannato…e seppi che la sua era stata tutta una finzione….mi desiderava…e voleva che continuassi quel piacevole gioco ed io lo accontentai.
 Ma alle mie condizioni.
-         Guardami!-
 L’imperativo ebbe il suo effetto ed obbediente levò gli occhi su di me…adirato, ma ugualmente sexy.
-         Non credere di farmi paura…ci vuole ben altro. –
La sua voce un regalo inaspettato…roca, voluttuosa…impastata dal lungo silenzio e dalla tensione. L’effetto del quel magico suono flautato fu devastante e spinta da nuovo vigore, mossi le mani indugiando sulla cintura dei pantaloni.
   -Credevo non volessi più rivolgermi la parola…hai cambiato idea?-
Cercavo di distrarlo, mentre agili le mie dita scioglievano il laccio che teneva prigioniero il mio obiettivo.
Feci scorrere le unghie lungo il bordo del boxer e subito il suo corpo ebbe un fremito…mi lasciò fare…senza tentare di fermarmi.
Scesi su di lui baciandone il petto e scendendo lentamente accarezzai il mio volto su quel Paradiso  di tepore e soffice peluria, fino a raggiungere il limite oltre il quale avrei potuto soddisfare l’immensa voglia di lui.
Ogni carezza un delirio….ogni attimo di attesa un eternità..stavo impazzendo.
Usai due dita per scostare l’ultima barriera e appena liberato da quel tessuto che lo teneva in ostaggio fui libera di ammirare quanto quell’uomo splendido mi desiderasse…e persi ogni inibizione.
Avvicinai le labbra alla sua eccitazione sfiorandola e godendo della soffice e tiepida sottile pelle che lo rivestiva come velluto…
Non lo toccai con altro che non fossero la mia bocca e il mio viso.
 Fare l’amore con lui per me significava lasciarsi andare ad ogni più intima fantasia che avvolta nel forte sentimento che ci univa, rendeva ogni singolo gesto pulito ed eccitante….e le mie labbra ora…desideravano fare l’amore con ogni parte di lui…fonte inesauribile di emozioni intense.
Mi accorsi della sua freddezza…e lento sentii scemare il mio intusiasmo.
Cominciavo a sentirmi a disagio, quasi che la situazione non mi appartenesse…mentre bagliori di lucidità frenavano i miei gesti…ogni istante un po’ di più.
Lui fraintese quel tentennamento, credendo volessi tentarlo per poi abbandonarlo ad un passo dal traguardo e afferrandomi il polso, mi trascinò con forza sopra di lui affondando quelle mani in ogni piega del mio corpo…avido…insaziabile…quasi strappandomi il vestito.
   -Smettila di giocare con me…io ti voglio avere più di qualsiasi altra cosa al mondo, ma non qui…non alle tue condizioni. –
   Risposi al suo attacco strusciando il corpo sul suo membro teso e colto da spasmo gemette allontanandomi poi di colpo.
L’auto rallentò gradatamente avvertendoci per tempo di essere giunti alla meta.
  Tornai al mio posto sistemandomi il vestito, mentre lui armeggiava con la fibia della cintura per rimettersi in ordine.
L’aria era carica di tensione…rabbia e desiderio mescolati in un coctail afrodisiaco.
Subito mi pentii di non aver ceduto alla tentazione e mordendomi il labbro mi diedi della stupida per avergli permesso di fermarmi.
L’autista scese ad aprire lo sportello e afferrandomi la mano Robert mi guidò all’interno del grande e lussuoso albergo.
 Si fece consegnare la chiave …silenzioso e cupo…e salimmo con l’ascensore nella suite a noi riservata… aprì con uno scatto la porta, sbattendola poi alle sue spalle….e in attimo… fu l’inferno…..